Indagine “Beach Litter”: sui litorali italiani preoccupa la plastica che rappresenta l’84% degli scarti. Tra gli oggetti rinvenuti anche mascherine e guanti monouso. Superato di 40 volte il limite Ue
Bottiglie, contenitori, tappi, mozziconi di sigaretta, ma anche mascherine chirurgiche e guanti in lattice: non manca proprio nulla tra i rifiuti censiti dai volontari di Legambiente nell’ambito dell’indagine Beach Litter condotta su 47 spiagge in 13 regioni. Sono 36mila 821 i rifiuti rinvenuti in un’area totale di 176mila 100 mq per una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia. Numeri che restituiscono le proporzioni di una autentica emergenza ambientale, quaranta volte superiori rispetto al target di riferimento stabilito a livello europeo per considerare una spiaggia in buono stato ambientale, ossia con un valore inferiore a 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa.
Su tutti la plastica resta il materiale più spiaggiato. Su circa un terzo delle spiagge campionate, la percentuale di scarti plastici eguaglia o supera il 90% del totale dei rifiuti censiti. Ma il monitoraggio di Legambiente restituisce un quadro che quest’anno appare profondamente segnato anche dall’emergenza sanitaria. Infatti, sul 72% dei lidi monitorati sono stati rinvenuti guanti usa e getta, mascherine e altri oggetti sanitari largamente utilizzati nei giorni della lotta al coronavirus. Nello specifico, le mascherine sono state rinvenute sul 68% delle spiagge monitorate, i guanti usa e getta sul 26%. Alla lunga lista di rifiuti si aggiungono anche quest’anno i dischetti utilizzati come biofilm carrier nei depuratori, rinvenuti su ben 5 spiagge di Campania, Lazio e Sicilia.
Dai campionamenti effettuati da Legambiente sulle 47 spiagge, la plastica ricopre l’84% degli oggetti rinvenuti, seguita da vetro/ceramica (4,5%), metallo (3,2%), carta e cartone (2,9%), gomma e tessili (entrambi all’1,4%), legno (trattato/lavorato) all’1,3%. Il restante 1% è formato da materiali legati al covid, bioplastiche, oggetti in materiali misti, rifiuti da cibo e prodotti chimici e sintetici. “L’indagine Beach Litter – spiega Serena Carpentieri, vice direttrice di Legambiente – rappresenta una delle più grandi esperienze di citizen science a livello internazionale grazie all’impegno dei volontari e delle volontarie di Legambiente. Il protocollo utilizzato è sviluppato nell’ambito dell’iniziativa Marine Litter Watch dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, cui diverse associazioni comunicano i dati raccolti con l’obiettivo di creare uno dei più ampi database sui rifiuti spiaggiati costruiti dai volontari a livello europeo. Un problema, quello del marine litter, che nei prossimi anni dovrà vedere un Mediterraneo sempre più unito mettendo in campo anche una politica unitaria contro i rifiuti in mare, partendo da un aggiornamento su proposte dell’Unep e dell’Unione Europea, estendendo le linee guida europee a tutto il bacino del Mediterraneo”.
Nella top ten dei rifiuti spiaggiati secondo i dati forniti da Legambiente, i frammenti di plastica o di polistirolo non identificabili si posizionano al primo posto con il 29% dei rifiuti registrati. Seguono al terzo posto i mozziconi di sigarette (8,7%), seguiti da tappi e coperchi in plastica (8,3%), cotton fioc in plastica (5,4%). Al sesto posto le bottiglie e contenitori in plastica per bevande (4,3%), seguiti dalle stoviglie usa e getta in plastica con il 3,8%. All’ottavo posto reti o sacchi per mitili o ostriche (3,2%), seguiti da materiale da costruzione (2,5%). A chiudere la top ten gli oggetti e i frammenti in plastica espansa (non polistirolo) con il 2,3%.
“L’inquinamento da plastica in mare e sulle spiagge – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – resta, insieme all’emergenza climatica, l’altra grande questione ambientale e mondiale da affrontare con interventi e politiche mirate tenendo alta l’attenzione sul tema. Per questo sono importanti le campagne di informazione, sensibilizzazione e volontariato per la rimozione dei rifiuti, come stiamo facendo da anni con Spiagge e Fondali Puliti. Quasi la metà dei rifiuti spiaggiati monitorati sono proprio i prodotti al centro della direttiva europea sulla plastica monouso, ossia prodotti usa e getta, dalle bottiglie di plastica alle stoviglie, dai mozziconi di sigaretta ai cotton fioc, solo per citarne alcuni. Per questo chiediamo che l’Italia emani entro il 3 luglio 2021 il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea pensata per bandire e ridurre la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso su tutto il territorio nazionale. Non ripetiamo lo stesso errore fatto con l’ennesima proroga della plastic tax”.
Infatti, il 42,3% del totale dei rifiuti monitorati da Legambiente è costituito proprio da quei prodotti usa e getta al centro della diretta europea SUP (Single Use Plastics). Nello specifico, riguardo i mozziconi di sigaretta, da sempre i più rinvenuti sulle spiagge, la proposta di direttiva prevede obblighi per i produttori che daranno il loro contributo per coprire i costi di gestione e bonifica, oltre alle misure di sensibilizzazione. Rinvenuti più di 5000 oggetti sulle spiagge monitorate da Legambiente tra bottiglie e contenitori di plastica, inclusi i tappi e i relativi anelli, per i quali è stato proposto secondo la direttiva un target di raccolta del 90% entro il 2025 con l’obiettivo di riciclo almeno del 90% delle bottiglie per bevande entro il 2029 e con un target intermedio del 77% entro il 2025. Inoltre, nel testo si introduce anche l’obbligo del tappo attaccato alla bottiglia, a partire dal 2024, per evitare che questo si disperda facilmente nell’ambiente. Riguardo la produzione di bottiglie di plastica è stato inserito anche un contenuto minimo di materiale riciclato (almeno il 25% entro il 2025 ed il 30% al 2030) per favorirne così la raccolta differenziata.
Dai risultati di monitoraggio di Legambiente, solo nel 2021 sono stati censiti 2400 elementi tra reti e attrezzi da pesca e acquacoltura in plastica, per i quali la Commissione propone di introdurre regimi di responsabilità del produttore che dovrà coprire i costi della raccolta, in seguito alla dismissione e al conferimento agli impianti portuali di raccolta, nonché i costi del successivo trasporto e trattamento, oltre ai costi delle misure di sensibilizzazione. Tra gli altri prodotti al vaglio della direttiva ci sono anche i contenitori in plastica per alimenti che rappresentano il 31% e i bicchieri di plastica il 46% dei rifiuti da consumo di cibi da asporto, ossia posate, piatti, cannucce, insomma, gli stessi elementi censiti dai volontari di Legambiente.
Per quanto riguarda i cotton fioc, a partire dal 2019 in Italia sono stati messi al bando quelli di plastica, grazie alla denuncia di Legambiente che di fatto ne ha anticipato il divieto, ora contenuto nella proposta della direttiva. E infine, le buste di plastica rappresentano ancora un grave problema di inquinamento ambientale, nonostante il bando esistente dal 2013 nel nostro Paese che ha ridotto l’uso di sacchetti del 65%. Bando che, se fosse esteso a tutti i Paesi del Mediterraneo, avrebbe risultati più rilevanti. In questo caso, la proposta di direttiva mira all’obbligo dei produttori di contribuire alla copertura dei costi di gestione e bonifica dei rifiuti e delle misure di sensibilizzazione.
“Auspichiamo inoltre – aggiunge Zampetti – che venga confermata la deroga, contenuta nella legge di delegazione europea approvata in parlamento, per i prodotti biodegradabili e compostabili, laddove non è possibile eliminare i prodotti monouso. Un passaggio fondamentale per riconoscere il valore della filiera tutta italiana della chimica verde, su cui il nostro Paese può e deve fare da apripista in Europa, come è già avvenuto dieci anni fa con la messa al bando dei sacchetti di plastica, consentendo l’utilizzo soltanto di quelli compostabili. Un provvedimento che oggi ha permesso una riduzione complessiva nell’utilizzo di sacchetti monouso di quasi il 60%.”