Secondo Fead il quadro normativo europeo non riconosce il contributo in termini energetici e climatici delle attività di gestione dei rifiuti. L’associazione chiede di non modificare la direttiva RED eliminando lo status di energia al 50% rinnovabile per l’elettricità e il calore generati dagli inceneritori
Conservare l’attuale definizione di rifiuto biodegradabile e, con lei, lo status di energia in parte rinnovabile per l’elettricità e il calore generati dagli impianti di incenerimento. È l’appello di Fead, la federazione delle imprese europee del waste management, che in vista dell’ormai imminente revisione della direttiva europea sulle energie rinnovabili, la cosiddetta ‘RED III’ risponde al nuovo giro di vite sull’incenerimento chiesto dall’Europarlamento. Nelle scorse settimane la commissione ambiente di Strasburgo ha infatti approvato una proposta di emendamento alla direttiva per modificare la definizione di ‘biomass’, eliminando ogni riferimento alla presenza di frazioni biodegradabili nei rifiuti residui. Un errore, secondo Fead, che in un position paper ricorda come l’attuale definizione garantisca lo status di rinnovabile al 50% (quindi in parte incentivabile) per l’energia generata dagli impianti di incenerimento oggi attivi in Europa. Impianti che, ricorda l’associazione, forniscono elettricità a 18 milioni di abitanti e riscaldamento a 15,2 milioni di abitanti e possono rappresentare un tassello significativo delle politiche di diversificazione energetica messe in campo dall’Unione Europea.
La strada per uscire dalla crisi energetica, affrancando l’Europa dall’importazione di combustibili fossili dalla Russia, intreccia il cammino della decarbonizzazione, dice l’associazione, ed entrambe passano per un rilancio delle attività di gestione dei rifiuti. Ma il settore “non è (ancora) al massimo delle sue capacità di produrre e risparmiare energia”, si legge nel position paper di Fead, secondo cui il contributo del comparto non trova pieno riconoscimento nel quadro normativo europeo. Questo nonostante le operazioni di riciclo e recupero consentano di risparmiare risorse materiali, energia ed emissioni di CO2, ricorda Fead. Riciclare una singola lattina di alluminio consente ad esempio di risparmiare il 90% dell’energia necessaria per produrne una nuova. Ma anche il recupero energetico può giocare un ruolo cruciale in questa fase di diversificazione delle strategie di approvvigionamento. Non solo con l’incenerimento, ma anche con la digestione anaerobica dei rifiuti biodegradabili, capace di contribuire alla produzione di gas rinnovabile ed elettricità. “Questo ruolo essenziale – sottolinea Peter Kurth, presidente di Fead – deve essere riconosciuto in modo coerente in tutta la legislazione dell’UE e le sue esigenze stabilite in modo chiaro e realistico con un approccio olistico ”.
Secondo Fead i tanti dossier aperti sul tavolo dell’UE in materia di ambiente, clima ed energia sono l’occasione giusta per una revisione organica dell’inquadramento normativo delle attività di gestione dei rifiuti. Non c’è solo la già citata ‘RED III’, sulla quale tra l’altro la partita resta ancora aperta, visto che a differenza dell’Europarlamento il Consiglio UE sembra orientato nella direzione indicata dalle imprese. Resta da completare anche la cosiddetta tassonomia degli investimenti verdi con l’adozione degli ultimi atti delegati da parte della Commissione Europea, compreso l’elenco delle attività considerate funzionali alla transizione verso l’economia circolare. Elenco che per Fead dovrebbe comprendere anche “il recupero energetico (R1) da rifiuti residui, non pericolosi raccolti in modo selettivo“. Ma in vista c’è anche la revisione delle direttive quadro su rifiuti e imballaggi, che Fead chiede di potenziare con un quadro di misure di supporto al mercato del riciclo: dall’introduzione di contenuti minimi di materia riciclata nelle nuove produzioni al green public procurement obbligatorio (in Italia lo è già, anche se molte amministrazioni pubbliche sembrano non saperlo), dall’IVA agevolata per i prodotti contenenti materia riciclata all’armonizzazione dei criteri end of waste tra Stati membri, per facilitare l’esportazione delle materie prime seconde dentro e fuori i confini dell’UE.