Secondo Corepla nel 2020 il recupero energetico del plasmix ha generato 183 GWh di energia elettrica, pari a quella prodotta da un impianto fotovoltaico grande quanto 204 campi da calcio. Ma il 32% è finito all’estero. Quagliuolo: “Un delitto non sfruttare questa risorsa”
Sono oltre 650mila le tonnellate di plasmix gestite dal consorzio Corepla nel 2020. Una frazione difficile se non impossibile da collocare sul mercato del riciclo, ma perfetta per realizzare combustibili da rifiuto (o CSS) di alta qualità, da utilizzare in coincenerimento in centrali elettriche e cementifici sostituendo ben più inquinanti e costosi combustibili fossili come carbone o pet coke. Il presidente del consorzio Giorgio Quagliuolo va dritto al punto: “È un delitto non sfruttare questa risorsa, ora che gli eventi che tutti conosciamo costringono il sistema Paese a cercare il modo di arrivare all’indipendenza energetica”. E invece non solo produciamo poco CSS di qualità, visto che la domanda di mercato di fatto non c’è, ma quel poco che produciamo lo inviamo in buona parte all’estero. Delle 460mila tonnellate di plastiche miste avviate a recupero energetico da Corepla (le altre 190mila gestite sono invece finite in discarica), solo il 43% è stato trasformato in combustibile e utilizzato in cementifici italiani, mentre il 32,2% è finito in impianti esteri. Un restante 25% è invece stato recuperato in impianti di termovalorizzazione. Neanche una tonnellata è stata utilizzata nelle centrali elettriche, che nel solo 2021 ne hanno però bruciate sette di carbone, importandone tra l’altro cinque proprio dalla Russia.
Complessivamente, secondo Ispra, sono oltre 116mila le tonnellate di CSS di alta qualità finite a coincenerimento oltre confine, dalla Germania a Cipro, dal Portogallo all’Austria, passando per Ungheria, Slovenia, Bosnia, Slovacchia e Bulgaria. “Forniamo energia all’estero quando potremmo utilizzarla per risolvere, non del tutto ma almeno in parte, il problema energetico italiano” dice Quagliuolo. Anche perché, spiega il presidente di Corepla, le imprese di settore “oggi avrebbero la possibilità di produrre un milione di tonnellate di CSS, utilizzando anche le plastiche miste, con un potere calorifico paragonabile a quello di due o tre centrali termoelettriche di grossa taglia”. Nel 2020 del resto, il solo plasmix avviato a recupero energetico da Corepla ha generato 183 GWh di energia elettrica, pari a quella prodotta da un impianto fotovoltaico grande quanto 204 campi da calcio. Ma anche 183 GWh di energia termica. Quanto quella generata utilizzando 17,42 milioni di metri cubi di metano.
Una tonnellata di CSS di buona qualità, come il CSS ‘end of waste’ disciplinato nel nostro Paese dal decreto 22 del 2013, riesce oggi a sostituire fino al 90% del potere calorico di una tonnellata di pet coke o carbone, combustibili fossili ancora oggi impiegati per far marciare cementifici e centrali elettriche. Ma a un costo inferiore e soprattutto con migliori e minori impatti ambientali anche in ottica di decarbonizzazione. “Recenti studi – spiega il consorzio – stimano un beneficio netto compreso tra 584 e 1289 kg di emissioni di CO2 evitate sostituendo una tonnellata di carbone con una di CSS in una centrale elettrica a carbone o in un cementificio”. Numeri dei quali tenere conto, oggi che per far fronte alla crisi delle forniture energetiche il governo ipotizza un maggiore ricorso alla produzione di elettricità nelle sette centrali a carbone ancora attive sul territorio nazionale. “Il carbone genera emissioni estremamente più elevate del combustibile da rifiuto. Se l’idea è quella di rilanciare le centrali – dice Quagliuolo – per la quota utilizzabile sarebbe molto più conveniente sfruttare il CSS”.
Cosa buona e giusta . Una qualsiasi persona dotata di un pizzico di buon senso non può che condividere e augurarselo. Non possiamo continuare a importare quantità di prodotti che possiamo fare a meno di importare e contemporaneamente esportare cose di maggior valore.