Italia contro l’Ue sulla messa al bando delle plastiche monouso compostabili. Cingolani: “Avviata interlocuzione”. Ma il recepimento della direttiva SUP spacca anche il fronte ecologista
Si annuncia caldissimo il mese che a partire da oggi separa l’Italia dalla scadenza del 3 luglio prossimo, data entro la quale il Paese sarà chiamato a recepire in via definitiva la direttiva europea SUP (Single Use Plastic), adottata a giugno 2019 con l’obiettivo, scriveva la Commissione Ue, “di prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare quello marino” prevedendo tra le altre cose la messa al bando di prodotti monouso come bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande, aste per palloncini, ma anche tazze, contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso e tutti i prodotti in plastica oxo-degradabile. La pubblicazione delle linee guida per l’applicazione armonizzata della SUP, approvate lo scorso 31 maggio dalla Commissione, torna infatti a riaccendere il dibattito sulla portata della misura, creando spaccature profonde tra i vari portatori d’interesse: tra Italia e Ue, soprattutto, ma anche all’interno dello stesso mondo ambientalista.
Stando alla lettura fornita dalla Commissione, infatti, il bando dei beni in plastica monouso dovrà riguardare non solo quelli prodotti in tutto e per tutto con plastiche tradizionali, ovvero con polimeri di sintesi, ma anche quelli a base biologica e biodegradabile, come le bioplastiche compostabili, o i beni prodotti utilizzando anche solo in parte plastica tradizionale, come ad esempio i piatti e bicchieri in carta o cartone foderati con un sottile strato impermeabilizzante di pellicola plastica. Una lettura, quella dell’Ue, che secondo alcuni era già desumibile dalle pagine della direttiva del 2019, che invece secondo altri presentava sul punto un discreto margine di interpretabilità. Tant’è che la legge di delegazione europea approvata lo scorso aprile dal Parlamento, che ha dato mandato al governo di adottare entro il 3 luglio lo schema di decreto legislativo per il recepimento definitivo della SUP, prevede tra i criteri guida proprio la possibilità di continuare a immettere sul mercato prodotti in plastica biodegradabile e compostabile certificata laddove in assenza “di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso”.
Una lettura che il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, interrogato nei giorni scorsi al Senato, ha difeso con forza, annunciando di aver avviato sul punto una serie di interlocuzioni con la Commissione europea. “il Ministero ha predisposto lo schema di decreto legislativo – ha ricordato Cingolani, osservando come – con riferimento alle plastiche biodegradabili e compostabili, in un’ottica di transizione verso la gestione circolare della plastica, le stesse dovrebbero essere considerate come alternative sostenibili alle plastiche standard. Allo stesso modo ho rappresentato per lettera, oltre che a voce, che non è giustificabile considerare come plastica i prodotti a base di carta con sottilissimi rivestimenti in plastica, indipendentemente dall’effettivo contenuto di plastica che li tiene insieme. Ritengo infatti che le plastiche biodegradabili e compostabili, nonché i prodotti a base di carta con un sottilissimo rivestimento plastico, dovrebbero invece essere considerate come alternative sostenibili alle pratiche tradizionali, da utilizzare per una rapida transizione verso l’economia circolare”.
Una richiesta di interlocuzione, secondo molti tardiva, che difficilmente potrà portare a una risposta utile entro il termine del prossimo 3 luglio. Tanto più alla luce del fatto che la Commissione ha già chiarito che solo nel 2022 sarà elaborata una strategia per l’uso delle plastiche biodegradabili e che solo nel 2027, in occasione del primo aggiornamento, la direttiva SUP potrebbe essere integrata con una “valutazione dei progressi tecnici e scientifici compiuti sul versante dei criteri o una norma di biodegradabilità in ambiente marino applicabile ai prodotti di plastica monouso”. Per i prodotti in carta con rivestimenti di plastica, invece, la linea è addirittura più severa, visto che secondo l’Ue escluderli dalla direttiva “indebolirebbe il suo impatto sulla riduzione dei rifiuti marini e sulla promozione di un’economia più circolare, non da ultimo a causa del rischio che le tazze fatte interamente di plastica siano semplicemente sostituite da altre a base di carta con rivestimenti o strati di plastica, senza modificare i relativi modelli di consumo che incoraggiano gli sprechi”.
Insomma, per il momento sul divieto al monouso in plastica ‘verde’ e carta ‘rivestita’ l’Ue sembra tutt’altro che disposta a tornare sui suoi passi. Cosa che rende ancora più risicato il margine di manovra a disposizione dell’Italia per evitare l’apertura di una procedura d’infrazione, che potrebbe scattare sia con l’entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento, se questo continuerà a porsi in netto contrasto con i nuovi indirizzi forniti dall’Ue, o anche solo nel caso in cui il governo scegliesse di prendere tempo rinviandone l’adozione a una data successiva a quella del 3 luglio. “Credo molto nelle buone ragioni delle tesi che stiamo sostenendo in Italia e in Europa – ha detto Cingolani – e posso assicurare agli interroganti e a tutti i colleghi che continueremo a sostenerle con forza e convinzione”.
Ma la pubblicazione delle linee guida Ue torna a spaccare anche il fronte ecologista, diviso tra chi come Greenpeace plaude alla linea dura della Commissione europea e chi, come Legambiente, punta invece l’accento sulla necessità di preservare le filiere industriali della bioeconomia italiana, autentiche eccellenze di livello mondiale. “La sostituzione ‘tout court’ della plastica ‘fossile’ con altri materiali (ivi inclusi i materiali biobased certificati come biodegradabili e compostabili) appare una scelta sbagliata, guidata da esigenze di marketing e inadeguata rispetto alla complessità delle sfide ambientali che abbiamo di fronte” scrive Greenpeace in una memoria depositata lo scorso aprile in Senato. Di diverso avviso Legambiente, che plaude all’impostazione dello schema di recepimento italiano e bolla come “fortemente sbagliata” la lettura fornita dall’Ue nelle sue linee guida. “Lo schema di decreto legislativo del Ministero della transizione ecologica per recepire la direttiva Sup va nella giusta direzione e riconosce all’Italia la leadership internazionale su bioeconomia, produzione di plastiche compostabili, raccolta differenziata dell’umido domestico e filiera industriale del compostaggio – commenta il presidente dell’associazione ambientalista Stefano Ciafani – Riteniamo invece fortemente sbagliata l’impostazione sulle bioplastiche compostabili delle linee guida emanate nei giorni scorsi dalla Commissione europea, che invece farebbe bene a seguire il modello italiano che ha permesso di ridurre i sacchetti per l’asporto merci di quasi il 60% dopo il bando entrato in vigore circa 10 anni fa”.