Promuovere il recupero del car fluff utilizzandolo per la produzione del CSS combustibile da impiegare, a determinate condizioni, in sostituzione di fonti energetiche fossili nei cementifici. Con queste finalità, il Ministero dell’Ambiente si prepara a diramare una circolare, che Ricicla.tv ha potuto consultare in anteprima, che finalmente fa chiarezza rispetto al decreto ministeriale 22 del 2013, che aveva autorizzato l’utilizzo del combustibile da rifiuti “end of waste” in cementifici e centrali termoelettriche. “Il car fluff (codice cer 191004) è ammissibile alla produzione del CSS-Combustibile” scrive il Ministero.
Un documento che apre nuovi scenari per la gestione del residuo della frantumazione dei veicoli a fine vita e che risponde agli appelli degli operatori di settore, frantumatori in testa, che da tempo chiedevano l’adozione di misure che consentissero all’Italia di allinearsi agli standard europei per raggiungere i target comunitari di recupero. Dal primo gennaio 2015 ogni Stato membro è infatti obbligato a recuperare il 95% in peso dei veicoli a fine vita, con un tetto minimo dell’85% di riciclo materiale ed un 10% massimo di recupero energetico. Obiettivi dai quali l’Italia è ancora lontana.
Ogni anno i veicoli giunti a fine vita generano circa un milione di tonnellate di rifiuti. E se secondo Eurostat nel 2015, i livelli di riciclo hanno raggiunto l’84,6% del peso medio del veicolo, quasi in linea con il target Ue, sommando anche il recupero energetico si arriva appena all’84,7%. Delle quasi 180mila tonnellate di car fluff prodotto in Italia nello stesso anno, infatti, circa l’87% è stato smaltito in discarica mentre il 12% risultava avviato a riciclo. Solo 268 tonnellate, poco più dell’1% era andato a recupero energetico.
Tutto questo malgrado il notevole potere calorifico del fluff, composto soprattutto dalle plastiche dei cruscotti e dalle imbottiture interne dei veicoli, e ignorando il fatto che nel nostro Paese ci sarebbe una grande domanda di Combustibile solido secondario. Ad averne bisogno, in particolare, sono i cementifici. Un comparto che vale 9 miliardi di fatturato e conta 3mila aziende per circa 4mila addetti. Numeri che ci rendono la seconda potenza cementiera d’Europa (prima è la solita Germania).
Quella del cemento, del resto, è un’industria che produce grosse quantità di CO2. Ma se il 60% di emissioni sono prodotte dalla reazione chimica dei materiali che bruciati producono il cemento, il restante 40% è prodotta dai combustibili utilizzati per elevare le temperature dei forni di cottura. Soprattutto carbone. Da anni AITEC, (Associazione italiana tecnico economica del cemento), va invece ripetendo che “il cemento può diventare green“. In che modo? Proprio sostituendo al carbone il combustibile da rifiuti.
L’Italia è uno dei maggiori produttori europei di cemento e potrebbe utilizzare quantità di CSS di gran lunga superiori a quelle attualmente in uso. Secondo il Ministero dell’Ambiente, infatti, “ampi sono gli spazi per trattare nei cementifici italiani i volumi di CSS-Combustibile ottenibili dal car fluff, seguendo un approccio di economia circolare”. Nella circolare si cita uno studio dell’Aitec “che riporta un tasso di sostituzione calorica con combustibili alternativi negli impianti di produzione del clinker pari solo al 13%, a fronte di un dato medio EU-27 del 40%, che viene considerato facilmente raggiungibile e anche superabile”. Ancora troppo spesso, invece, i nostri rifiuti finiscono in discarica, o prendono la via dell’estero anche perché, soprattutto al Sud, mancano gli impianti necessari a trattarli.
La circolare, occorre precisare, consente l’utilizzo del car fluff per la sola produzione di CSS-Combustibile, prodotto a partire da rifiuti ma coperto da apposita normativa end of waste e quindi equiparabile ad un prodotto a tutti gli effetti se rispondente ai parametri di legge. Resta escluso l’utilizzo per la produzione di CSS-Rifiuto.