Affidare la tariffazione dei rifiuti all’Authority di acqua ed energia. Una proposta che il ministro dell’Ambiente aveva già avanzato un mese e mezzo fa, dedicando a questa ipotesi gli ultimi minuti della sua audizione in Commissione Affari Sociali della Camera. E non sembra un caso che le fila del discorso lanciato in quell’occasione siano state riprese nei giorni scorsi in occasione di un convegno organizzato a Bologna dal gruppo Hera, tra le maggiori multiutility nostrane ad occuparsi di servizi idrici ed energetici oltre che (per l’appunto) di waste management. Quella che però era solo un’ipotesi questa volta è diventato un impegno vero e proprio, assunto – come detto – di fronte ai leader del settore in Italia. «Opportunamente rafforzata – ha detto Galletti, stando ai virgolettati riportati da Repubblica.it – l’Authority per l’Energia dovrà arrivare a definire una tariffa, per avere certezza normativa e finanziaria, senza le quali ben si capiscono le difficoltà delle imprese a partecipare alle gare di appalto indette in certe regioni». In realtà, dunque, quello che viene ad essere messo in discussione è lo stesso impianto normativo nazionale, che permette una eccessiva frammentazione delle modalità di raccolta e smaltimento degli rsu sul territorio e dunque una moltiplicazione delle valutazioni. In altre parole da un Comune all’altro il costo di una tonnellata di spazzatura e il costo del servizio hanno valori troppo differenti per permettere alle imprese di programmare le proprie attività ed investimenti. Sottoponendo le politiche al monitoraggio di un ente terzo come l’Authority, invece, la formulazione in tariffa permetterebbe di riformare l’attuale Tari permettendo allo Stato di quantificare l’entità del costo del servizio al cittadino e di andare ad incidere sulla tariffa stessa lasciando lo spazio all’ente pubblico o privato che gestisce il servizio di premiare le buone pratiche o di commisurare delle variazioni sulla base di scelte tecniche o politiche. Da un punto di vista normativo, invece, lo strumento dell’Authority permetterebbe al governo centrale di dare un proprio indirizzo chiaro alle politiche nazionali, tendendo ad una maggiore uniformazione e permettendo alle scelte di Roma di incidere sulle politiche locali. Una maggiore certezza del quadro politico, normativo e fiscale, insomma, con l’intenzione di facilitare l’evoluzione di un comparto dalle potenzialità economiche notevoli, ma che fino ad ora ha tenuto lontano grossi investimenti proprio per via di questa natura non sempre limpida, specie nell’ottica delle utility pubbliche. Il sintomo di base che vede propugnare questa evoluzione è quello delle sempre più drastiche disparità territoriali del nostro Paese in termini di risultati del servizio di raccolta, per altro spesso inversamente proporzionali agli oneri economici della tassa rifiuti. Una riforma che potrebbe investire anche altri piani del waste management nazionale, come detto anche nelle occasioni che hanno visto, ad esempio, mettere in discussione il vigente sistema dei consorzi per il riciclo dei materiali da imballaggio quando si è rimandato l’intervento a provvedimenti più organici: chissà che le iterate uscite di Galletti sulla materia non siano foriere di un costituendo testo di una legge che riformi l’impianto normativo ambientale italiano, il cosiddetto “Green Act” (per dirla col vocabolario del Governo in carica), del quale anche nel dibattito pubblico si è persa traccia dal marzo scorso.