«Di amianto si continua, e purtroppo, si continuerà a morire per i prossimi 130 anni, considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni. Ecco perché occorre bonificare al più presto i 40 milioni di tonnellate contenenti amianto che sono disseminate nell’intero nostro territorio nazionale». A tracciare le proporzioni shock dell’epidemia da fibra killer è Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, in occasione della presentazione dei risultati del secondo studio epidemiologico sull’incidenza dei mesoteliomi connessi all’esposizione a materiali contenenti asbesto. Studio dai numeri agghiaccianti, che confermano come in Italia l’amianto, messo ufficialmente al bando nel 1992, continui a mietere ogni anno non meno di 6mila vittime per mesotelioma, cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon, al retto e alle ovaie e, naturalmente, per l’asbestosi con le sue complicazioni cardiocircolatorie.
Ad alimentare l’epidemia, la presenza diffusa, su tutto il territorio nazionale, di migliaia di manufatti contenenti fibre di asbesto. Uno stato di cose reso ancora più grave dall’assenza di una mappatura esaustiva. «Anche le scuole sono imbottite di amianto: 2400 in Italia, censite dall’ONA, per fermarci a quelle che abbiamo censito, ma temiamo che siano di più: e che cosa fanno le istituzioni, e i cittadini? Ecco perché abbiamo creato i nostri Dipartimenti, attraverso i quali forniamo assistenza medica e legale, naturalmente in piena sussidiarietà con le strutture pubbliche» insiste Bonanni. Da qui l’appello dell’ONA a recuperare i ritardi accumulati sul duplice fronte della mappatura e della bonifica. Altrimenti, denuncia l’associazione, l’epidemia sarà destinata a non finire mai, come dimostra il leggero ma costante trend ascendente dei casi di mesotelioma censiti dall’ONA: 1800 nel 2015, saliti a 1900 nel 2016. Anche se, spiega l’ONA, tenendo conto dei tempi di latenza, il presumibile picco delle patologie asbesto-correlate, ed in particolare dei mesoteliomi, si verificherà tra il 2020 ed il 2030.
Grazie alle segnalazioni ricevute, alle rilevazioni delle sedi territoriali e del gruppo di lavoro del Dipartimento Ricerca e Cura del Mesotelioma, e all’incrocio di tutti i dati, l’associazione ha potuto stimare circa 3700 mesoteliomi per il periodo dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2016. Per calcolare l’impatto dell’esposizione all’amianto sulla popolazione, specifica però l’ONA, è opportuno tenere conto anche delle altre patologie riconducibili all’asbesto. I decessi per tumore al polmone, ricorda l’associazione, non sono inferiori a 3500 l’anno. A questi devono poi essere sommati i tumori della laringe, delle alte vie aeree, i tumori del tratto gastrointestinale, e quelli dell’ovaio, e altre forme cancerose tuttora poco studiate come i tumori biliari e ai reni. Senza dimenticare le patologie fibrotiche come le placche pleuriche e gli ispessimenti pleurici e asbestosi, e le complicazioni cardiache e cardiocircolatorie.
Stando ai dati raccolti dall’ONA, negli uomini il 40% dei casi si è manifestato tra i 65 ed i 74 anni, mentre il 40% dei casi femminili concentra la manifestazione del mesotelioma nella fascia di età compresa fra i 75 ed gli 84 anni. La ripartizione dei casi di mesotelioma nei diversi comparti vede spiccare quello edile per il 15,2%, seguito dall’industria metalmeccanica, più dell’8,3%, dal tessile, per più del 7%, dalla cantieristica navale per circa il 7%. Il comparto difesa, con più di 620 casi, censiti al 2012, rappresenta il 4,1% del totale dei mesoteliomi insorti in seguito alle esposizioni professionali. Decisamente allarmante il numero dei casi di mesotelioma registrati nel settore della scuola (63, al 2011, con il censimento di almeno altri 20 nuovi casi fino al 2016, per un totale che si stima superiore agli 80 casi). Casi che, denuncia l’ONA «certificano l’inadempimento prima di tutto dello Stato». Nel settore dei rotabili ferroviari, fino al 2011 sono invece stati censiti 505 casi di mesotelioma mentre per i successivi 5 anni l’associazione stima che i casi siano saliti a 650.