Senza investimenti per 5 miliardi in impianti di recupero energetico e di digestione anaerobica le Regioni del Sud rischiano di non agganciare i target Ue. E di sprofondare in nuove emergenze rifiuti. La denuncia di Assoambiente in un dossier presentato a Ecomondo 2021
Nei prossimi 14 anni serviranno investimenti per cinque miliardi di euro, necessari a realizzare gli almeno trenta nuovi impianti di recupero senza i quali il Sud non riuscirà a liberarsi dal giogo delle discariche e dei viaggi dei rifiuti né tanto meno ad agganciare gli sfidanti target europei sull’economia circolare. Nella cornice di Ecomondo 2021 una ricerca presentata da FISE Assoambiente mette nero su bianco le carenze infrastrutturali dei sistemi di gestione dei rifiuti urbani in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. E indica la strada per recuperare i ritardi. “Per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa al 2035 – spiega il Presidente di FISE Assoambiente Chicco Testa – le Regioni del Sud Italia devono muoversi da subito lungo 3 direttrici: dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno; limitare l’export e il ‘turismo dei rifiuti’ all’interno dei confini nazionali; riconsiderare la gestione delle discariche, facendo riferimento solo a impianti moderni e sostenibili cui destinare esclusivamente le frazioni residuali opportunamente trattate”.
Un gap, quello rispetto alle Regioni del Nord, evidente già dal dato relativo alle raccolte differenziate, spiega Assoambiente, ferme al Sud al 51% contro il 61% della media italiana e il 70% del Nord. Un ritardo che appare “ancora più preoccupante se si guarda agli obiettivi europei”, dice l’associazione: 65% di riciclo effettivo e 10% in discarica per i rifiuti urbani da raggiungere entro il 2035. Ed è proprio il dato sui conferimenti in discarica, che a Sud assorbono ancora il 31% dei rifiuti urbani prodotti ogni anno, a marcare una distanza con gli standard fissati dall’Ue che oggi appare quasi incolmabile. Abbandonare la discarica, spiega però l’associazione, non serve solo dare risposta ai target vincolanti, ma soprattutto a scongiurare una autentica emergenza strutturale. A breve, denuncia infatti Assoambiente, la dipendenza dalle discariche rischia di mandare in crisi i sistemi di gestione dei rifiuti. “Se non si imprime un deciso cambio di rotta, tra meno di 3 anni le discariche saranno sature e si rischierà di vivere una nuova fase acuta di emergenza rifiuti” spiega l’associazione, secondo la quale entro i prossimi 14 anni occorrerà aumentare la quota di rifiuti avviati a termovalorizzazione, raggiungendo il 25% della produzione, pari a 2 milioni e 700mila tonnellate. “Per poterle gestire sarà quindi necessario pianificare per tempo almeno 5-6 nuovi impianti di taglia medio-grande“, da affiancare ai 6 attualmente operativi.
Oltre a tagliare i conferimenti in discarica, dice l’associazione, c’è poi da mettere fine ai ‘viaggi dei rifiuti’ dentro e fuori dai confini nazionali. Come quelli che soprattutto da Lazio e Campania portano verso Nord centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti organici. Ma la carenza di impianti di compostaggio e digestione anaerobica accomuna praticamente tutte le Regioni del Sud. I 75 attualmente operativi non riescono infatti a coprire l’intero fabbisogno di trattamento, pari a circa due milioni di tonnellate l’anno. Complessivamente “proprio a causa della carenza di impianti, circa 900mila tonnellate di questi rifiuti, circa il 45% dell’organico, lasciano queste Regioni per trovare adeguato trattamento in altre aree del Paese, con evidenti maggiori costi connessi al trasporto e alla gestione che si scaricano sui cittadini, senza contare la perdita di valore per il territorio”. Secondo Assoambiente, per centrare l’obiettivo europeo del 65% di recupero occorrerà raddoppiare la raccolta, passando da 2 a 4 milioni di tonnellate, per trattare le quali occorrerà costruire almeno 20-25 nuovi impianti di digestione anaerobica, capaci di produrre compost e biometano.
Tra impianti di digestione anaerobica e di recupero energetico, stima Assoambiente, da qui al 2035 occorrerà mettere a terra investimenti per almeno 5 miliardi di euro. Più del doppio di quanto destinato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza al capitolo rifiuti ed economia circolare. Segno che sulla strada verso i target Ue il contributo dei capitali privati potrebbe risultare determinante. “Come ormai ripetiamo da anni, fare economia circolare – dice Testa – significa disporre degli impianti di gestione dei rifiuti con capacità e dimensioni adeguate alla domanda. Un investimento complessivo che richiederà al Sud, secondo le nostre stime, 5 miliardi di euro e che potrà rappresentare una grande opportunità per la crescita sostenibile del Mezzogiorno”.