L’allarme di EuRIC Textiles sulla proposta di emendamento della Convenzione di Basilea avanzata da Francia, Svezia e Danimarca per irrigidire i controlli sull’export di rifiuti tessili e abiti usatie proposte di modifica della Convenzione di Basilea freneranno gli sforzi dell’economia circolare per i prodotti tessili
No alla stretta sulle esportazioni di rifiuti tessili e di abbigliamento. L’associazione europea delle imprese del riuso e del riciclo EuRIC Textiles boccia la proposta congiunta dei governi di Francia, Svezia e Danimarca per un irrigidimento del regime dei controlli sulle spedizioni transfrontaliere in partenza dagli Stati membri dell’Ue. Nei giorni scorsi i tre paesi hanno scritto alla Commissione europea sollecitando l’adozione di una decisione del Consiglio che proponga l’estensione delle regole della Convenzione di Basilea ai rifiuti tessili in occasione della prossima conferenza delle parti, in calendario per la primavera del 2025. Se per i promotori dell’iniziativa l’irrigidimento delle procedure, e in particolare l’introduzione dell’obbligo di notifica e autorizzazione preventiva per i rifiuti non pericolosi “potrebbe apportare notevoli benefici ambientali e sanitari nello sviluppo paesi e costituire un modo per l’Ue di dimostrare leadership e responsabilità a livello globale”, secondo i riciclatori, invece questo “metterà fine a tutti gli sforzi, in termini di economia circolare, del circolo virtuoso del tessile e si rischierà che i prodotti tessili riutilizzabili e riciclabili vengano invece inceneriti o messi in discarica”.
Nel 2019, ricordano i tre Stati promotori dell’iniziativa, 1,7 milioni di tonnellate di tessili sono state esportate fuori dall’Ue, ma il computo, ribatte EuRIC, non fa differenza tra spedizioni di abiti usati di alta qualità e rifiuti tessili, visto che al momento non esiste una distinzione tra le due categorie nelle classificazioni dei prodotti dell’Ue utilizzate per le dichiarazioni di esportazione. Per questo, chiarisce l’associazione in una nota condivisa nei contenuti anche dall’associazione italiana UNIRAU, l’introduzione di nuove e più severe procedure per l’esportazione di rifiuti tessili, più che limitare le spedizioni verso paesi terzi, avrebbe l’effetto di danneggiare il mercato interno dell’Ue, ostacolando gli scambi di tessili post consumo tra Stati membri e in particolare i flussi diretti da paesi meno dotati di infrastrutture di selezione e riciclo verso i paesi con maggiore capacità industriale di trattamento. Cosa che, scrive EuRIC, “non solo impone un notevole onere amministrativo, ma ostacola potenzialmente anche la futura scalabilità e l’innovazione”. Una stretta che infliggerebbe un colpo pesante a un settore già in difficoltà per i costi crescenti del trattamento, legati anche al calo di qualità dei conferimenti. “Le aziende di selezione e riciclo dei rifiuti di abbigliamento e di prodotti tessili domestici in Europa – si legge – sono già in difficoltà oggi, e l’aggiunta di una ulteriore procedura di notifica non farà altro che aggravarne l’onere amministrativo e finanziario a loro carico”.
Oltre a danneggiare le imprese della selezione e del riciclo, avverte poi EuRIC, la stretta immaginata da Francia, Svezia e Danimarca rischia di rivelarsi inefficace rispetto allo stesso obiettivo di limitare le spedizioni verso paesi terzi, in particolare verso quelli in via di sviluppo. Incluso il traffico di rifiuti tessili spacciati per abiti di seconda mano. “La modifica dei codici della Convenzione di Basilea non porrà fine a questa terribile pratica – chiarisce l’associazione – EuRIC Textiles sostiene fortemente la definizione di criteri di selezione che assicurino l’invio, al di fuori del regime dei rifiuti, solo degli articoli che possono essere effettivamente riutilizzati e che corrispondono ai requisiti della destinazione finale”. Per questo l’associazione, pur sostenendo la necessità di aggiornare il codice B3030 della Convenzione, per evitare che le spedizioni di indumenti, accessori e calzature usati raccolti per lo smistamento vengano bloccate come spedizioni illegali, dice ‘no’ all’approccio drastico proposto dai tre Stati membri, che “metterebbe a repentaglio il buon funzionamento dell’intero circolo virtuoso del tessile”.