Il settore cartario italiano chiude il 2021 con +12,5% di produzione e un fatturato di 8 miliardi di euro, ma serve maggiore velocità amministrativa per fronteggiare la crisi, fa sapere Assocarta, tra i prezzi del gas in aumento e le difficoltà di approvvigionamento di materie prime
Il settore cartario italiano non si ferma neanche nel 2021, anno segnato dalla pandemia e dal caro energia, chiudendo con una produzione di 9,6 milioni di tonnellate di carta e cartone (il volume più elevato dal 2007, quando se ne producevano 10,1 milioni di tonnellate) e un fatturato di 8 miliardi di euro. Numeri che fanno dell’Italia il secondo produttore di carta tra i Paesi Ue e il secondo riciclatore a livello europeo, con un aumento nel consumo di carta da riciclare di oltre il 16% rispetto al 2020, pari a più di 6 milioni di tonnellate, che ha permesso di raggiungere in anticipo l’obiettivo di riciclo dell’85% al 2030, secondo il quadro emerso nel corso dell’Assemblea annuale di Assocarta.
“Essere secondi in Europa, in un contesto così complicato com’è produrre carta in Italia – dichiara Lorenzo Poli, presidente Assocarta – a partire dall’energia che costa sempre di più rispetto agli altri Stati, indica che abbiamo un tessuto industriale molto sano. La produzione italiana della carta è cresciuta in modo esponenziale nel 2021: segniamo un +12,5% dopo il solo -4% del 2020. Sottolineo ‘solo’ perché è stato un anno caratterizzato da lockdown molto lunghi – aggiunge Poli – e aver perso solo il 4% in un periodo in cui non ci fu turismo e tanti consumi furono mortificati, credo che possa esser letto in modo positivo”.
Gli sviluppi del comparto dell’imballaggio trainano l’andamento del settore cartario italiano, che registra un aumento del 14,7%. In recupero anche la produzione di carte per usi grafici con un +21,4%, dopo le riduzioni registrate nel 2020 del -26,5% rispetto all’anno precedente. Risultati economici e ambientali positivi, in controtendenza però rispetto ai costi di elettricità e gas, che restano la prima voce di spesa nei bilanci delle cartiere. E pur mantenendo la propria leadership anche nel primo quadrimestre del 2022, segnato da una produzione ancora in aumento del 3,4% rispetto ai volumi dello stesso periodo nel 2021, l’attuale situazione emergenziale è causa di non poche preoccupazioni per uno tra i settori più energivori del comparto industriale italiano.
“Oggi siamo tutti preoccupati per il costo delle materie prime – afferma Giovanni Baroni, vicepresidente Confindustria – che da tempo rappresenta un’emergenza per il Paese. Questa situazione aveva iniziato a surriscaldarsi ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina con un aumento dei prezzi registrato dal mese di settembre. Oltretutto – continua Boroni – in un mercato che sta dimostrando di non funzionare. Due settimane fa il gas costava 80 €/MWh, ora ha raggiunto quota 130 €/MWh, fino ad arrivare a 180 €/MWh. Durante la pandemia il gas costava 7 €/MWh“.
“Alla questione del gas, però, si aggiunge anche un problema di macchina amministrativa – spiega Lorenzo Poli, presidente Assocarta – perché avremmo bisogno di maggiore velocità d’azione. Non posso dire che non ci segua la macchina amministrativa, ma i mercati sono molto più veloci”. Velocità amministrativa e maggiore supporto alle imprese tra le richieste del settore cartario, che non solo è costretto a fare i conti con le conseguenze dell’emergenza geopolitica in Ucraina, ma è chiamato a correre sempre più veloce sulla strada della decarbonizzazione.
“Non abbiamo una sola emergenza. La crisi energetica è prioritaria – dichiara Laura D’Aprile, capo dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi, MiTE – ma in questo momento dobbiamo fronteggiare le conseguenze della crisi pandemica, che non è ancora completamente terminata e quelle della crisi idrica. In un frangente storico così complesso è evidente che la velocità delle risposte è essenziale. Sicuramente, questa velocità in termini di indirizzo europeo non si avverte. Sia nel campo dell’energia, che in quello delle risorse idriche, così come nel settore dello sviluppo dell’economia circolare e della gestione dei rifiuti è mancata programmazione e pianificazione di lungo periodo. In alcuni casi – continua D’Aprile – mancavano sia i piani che i programmi, come nel campo dell’economia circolare. In altri settori i piani e i programmi erano di breve periodo, soggetti a continue variazioni. Quindi, non era data stabilità di programmazione per il comparto industriale che ne ha necessità”.
Pianificazioni necessarie per consentire alle imprese di resistere all’onda d’urto del rincaro dei prezzi delle commodity e della scarsità di materie prime. “La guerra tra Russia e Ucraina è sicuramente un’aggravante, ma il tema della pianificazione energetica nel nostro Paese è precedente – spiega l’On. Alessia Rotta, presidente della commissione ambiente, Camera dei deputati – pertanto, dobbiamo rispondere con maggiore prontezza. Negli ultimi due anni sono stati tanti i decreti sul tema energetico che sono passati dal Parlamento al governo. Tra la decretazione e l’attuazione dei decreti ministeriali passa un tempo che non è il tempo delle imprese. La transizione non è una sfida, ma una strada obbligata – continua l’On. Rotta – e il governo e le istituzioni dovranno cambiare approccio rispetto ai privati, favorendo una relazione tra cittadini e privati. Perché senza i privati non si fa la transizione“.
Una transizione che sarà favorita dalla messa a terra dei progetti finanziati dal PNRR, che riserva 150 milioni per la filiera del riciclo di carta e cartone, ma non basta. Oggi l’industria cartaria chiede interventi mirati per far fronte al rincaro del gas e alla crisi dell’approvvigionamento delle materie prime. “È necessario consentire alle imprese di realizzare interventi di efficienza e di approvvigionamento alternativo – spiega Chicco Testa, presidente Assoambiente – nel modo più rapido possibile. Centinaia di miliardi sono stati riservati a incentivi di varia natura e genere, a cominciare dai conti energia degli anni 2010/2011, per passare recentemente al bonus 110%. Se avessimo destinato una fetta di questi soldi a progetti importanti per la ricerca di una leadership tecnologica italiana ed europea, saremmo stati sicuramente più avanti”.