Secondo una ricerca di IPSOS, tra i cittadini dei paesi del G7 gli italiani sono quelli più convinti che si debbano aumentare gli sforzi per arginare la crisi climatica. Nel frattempo, però, cresce anche lo scetticismo nei confronti delle politiche di sostenibilità
Cresce la preoccupazione della popolazione globale nei confronti del cambiamento climatico, e a guidare la classifica dei paesi G7 c’è l’Italia, al primo posto tra le principali economie del mondo per numero di cittadini che chiedono ai propri governi di aumentare gli sforzi messi in campo. Parallelamente, tuttavia, cresce anche lo scetticismo degli italiani nei confronti delle politiche di sostenibilità. Lo rivela un’analisi di IPSOS presentata a Torino in occasione di un evento promosso da Globe Italia nella cornice della Green Week verso il G7 clima, ambiente ed energia. Secondo l’istituto di ricerca, stando a un’indagine realizzata prendendo in esame 29 paesi del mondo, a marzo di quest’anno il 17% dei cittadini collocava il cambiamento climatico tra le questioni che destano maggiore preoccupazione, in aumento del 3% rispetto al 2022. Un tasso di preoccupazione che supera però il 20% in 5 delle 7 principali economie del pianeta, con il Giappone al 27% in testa alla classifica globale e l’Italia in ottava posizione al 23%. Più distanti il Regno Unito, al 19%, e gli USA con il 17%.
Più di un italiano su 5, insomma, è preoccupato dagli effetti del climate change, e il 66% degli intervistati, a fronte di una media globale del 57%, ha segnalato gravi effetti del cambiamento climatico nell’area in cui vive. Numeri che confermano quanto, anche nella percezione collettiva, l’Italia stia diventando un autentico hotspot della crisi climatica, alle prese con eventi estremi sempre più frequenti e devastanti, dalle alluvioni alle emergenze idriche, dalle ondate di calore ai repentini abbassamenti della temperatura che minacciano fioriture e raccolti. I numeri raccolti da IPSOS indicano del resto anche nei cittadini italiani un calo progressivo dello scetticismo rispetto all’impatto del riscaldamento globale sulle proprie vite: se il 71% degli intervistati nei 29 paesi presi in esame ritiene che nell’arco dei prossimi 10 anni l’impatto sarà grave, gli italiani anche in questo caso si collocano sopra la media con il 75%. Percentuale quasi corrispondente a quella di quanti ritengono sia necessario aumentare gli sforzi messi in campo dal nostro paese per arginare la crisi climatica (71%), mentre a livello complessivo la media si ferma al 66%.
“L’Italia è il primo dei paesi del G7 a interpellare le proprie istituzioni perché facciano qualcosa contro il cambiamento climatico”, ha spiegato il presidente di IPSOS Nando Pagnoncelli. Ma alla richiesta di azioni più decise per arginare gli effetti ambientali, economici e sociali della crisi, dice la ricerca, corrisponde anche un crescente scetticismo nei confronti delle strategie messe in campo. In particolare, se i sostenitori delle politiche di sostenibilità sono cresciuti tra 2018 e 2022 dal 20% al 23% della popolazione, gli scettici invece sono aumentati a un ritmo di gran lunga superiore, con un balzo di quasi dieci punti che li ha portati dal 13% al 22%. “Oggi la transizione ecologica è socialmente desiderabile – ha chiarito Pagnoncelli – ma affiorano dubbi soprattutto rispetto all’efficacia delle politiche ambientali e alle loro conseguenze sul piano occupazionale. Molti intervistati menzionano questo aspetto”. Dubbi che si riflettono anche nei sempre più frequenti dissapori che caratterizzano il rapporto con l’Ue sull’attuazione del Green Deal. “Ogni transizione genera reazioni ambivalenti nella popolazione – ha detto Pagnoncelli – è molto importante comunicare efficacemente le tappe del processo di cambiamento e, soprattutto, quale sarà l’approdo finale”.