Le performance d’eccellenza nel riciclo non bastano ad arginare la crisi della transizione ecologica in Italia. Che rallenta rispetto al resto dell’Ue, soprattutto sul campo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. La fotografia preoccupante scattata nell’ultimo rapporto Circonomia
Il riciclo tiene alta la bandiera dell’economia circolare in Italia, che tuttavia non sventola più in vetta al podio europeo. Colpa della crisi profonda e strutturale che investe la transizione ecologica nel nostro paese, segnata soprattutto dal brusco rallentamento nei settori delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. È il quadro preoccupante tracciato nell’ultimo rapporto Circonomia, dal quale emerge un chiaro arretramento della transizione nel periodo che va dal 2018 al 2021. “Questi anni, e anche il 2022 per quello che conosciamo, segnano una rottura in negativo“, spiega Duccio Bianchi, curatore del rapporto, che rispetto all’edizione 2022 vede l’Italia perdere, a vantaggio dell’Olanda, il primo posto nel ranking europeo quanto a circolarità ed efficienza d’uso delle risorse, costruito su 17 diversi indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto delle attività economiche e civili su ambiente e clima, l’efficienza d’uso delle risorse, la capacità di risposta ai problemi ambientali.
I risultati nei 17 indicatori vedono l’Italia al primo posto solo in un caso: tasso di riciclo sul totale dei rifiuti urbani e speciali prodotti, superiore all’80% contro una media Ue del 40%, sebbene a fronte di una crescita dell’1% su base triennale più contenuta rispetto al +7% della media Ue. “È l’unico settore in cui tra il 2029 e il 2021 abbiamo avuto un miglioramento, in alcuni casi molto forte“, spiega Bianchi, portando ad esempio il settore cartario “che con due nuovi impianti ha fatto un salto di 5 punti nella capacità di riciclo”. Per tutti gli altri indicatori l’Italia segna progressi inferiori a quelli medi dell’Unione europea o addirittura passi indietro in valori assoluti. L’ambito nel quale l’arretramento italiano appare più rilevante è il trend di crescita delle nuove energie rinnovabili: nel 2022 la produzione italiana da eolico si è contratta di circa l’1% rispetto all’anno prima, mentre su scala Ue è aumentata del 9%. Transizione energetica “al palo” anche in fatto di efficienza d’uso dell’energia e di penetrazione della mobilità elettrica. In aumento le emissioni climalteranti, sia pro capite che per unità di PIL rispettivamente con il +3% e +6% tra 2018 e 2020, a fronte del -8% e -7% della media Ue.
“Il più grande errore del Paese – sottolinea Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – è la mancata consapevolezza da una parte del fatto che l’economia verde è già il presente, e dall’altro del fatto che lo sviluppo dell’industria e della manifattura in un paese come il nostro passa inevitabilmente per l’economia ‘green’. Siamo in una tempesta, abbiamo la bussola e l’equipaggio ma manca il comandante. E manca da vent’anni“. Manca cioè la capacità della politica di tradurre le migliori esperienze della green economy italiana in una strategia di lungo periodo. Mentre perdiamo terreno sia nella lotta alle emissioni che in quella per un sistema energetico più verde e resiliente, su entrambi i fronti il riciclo continua a dare un contributo determinante. Grazie al forte utilizzo di materie prime seconde, l’industria manifatturiera italiana nel 2021 ha conseguito un risparmio energetico di 18,4 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, pari all’11,8% del totale dell’energia disponibile lorda, e ha evitato emissioni climalteranti per 61,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, pari al 15,9% delle emissioni lorde italiane. “Il riciclo sarà uno strumento fondamentale per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione”, avverte Duccio Bianchi.
Settore d’eccellenza assoluta quello degli oli usati. Nel 2022 il consorzio CONOU ha raccolto pressoché la totalità dell’olio usato raccoglibile, rigenerandone in nuove basi lubrificanti il 98% a fronte di una media europea che resta invece inferiore ai due terzi. Un risultato che ha portato un risparmio energetico pari a oltre 2 milioni di MWh, e minori emissioni in atmosfera di CO2 equivalente per circa 64 mila tonnellate. “Credo che il modello organizzativo dei consorzi senza fini di lucro sia una delle chiavi di questo successo – dice Riccardo Piunti, presidente di CONOU – è chiaro che c’è un arretramento quando all’aumentare delle quantità e delle tipologie di rifiuti, e all’avanzare della tecnologia, non si fanno nuovi impianti. Se facciamo un po’ di impianti l’Olanda la superiamo. L’abbiamo battuta anche a pallavolo. Non è difficile”.