Dare nuova vita a rifiuti organici e poliaccoppiati per produrre borse, accessori e oggetti di design: è questo lo scopo di una startup bolognese che realizza una biopelle a partire dagli scarti della raccolta differenziata
Avreste mai pensato di passeggiare per strada, sfoggiando con disinvoltura al braccio o in spalla bucce di banane e sacchetti di caffè? Se la risposta è no, forse non avete mai sentito parlare della startup Meraky che partendo proprio da questi due scarti è riuscita a rinnovare il look di una moda sempre più circolare e a impatto zero. E così a Bologna, sostituendo plastica e pellame con scarti da raccolta differenziata, Rosaria Maraffino ed Emilia Paolicelli hanno dato vita a una biopelle per borse, zaini, portachiavi e accessori 100% circolari. “Il punto di forza del progetto – spiega Emilia Paolicelli, co-founder di Meraky – è il riciclo di rifiuti da raccolta differenziata. Nel 2017 abbiamo fondato il nostro brand Meraky partendo dal riutilizzo di sacchetti di caffè a uso industriale. Si tratta di un poliaccoppiato di plastica e alluminio, che per la sua composizione non può essere conferito né con i rifiuti plastici, né con quelli di alluminio”.
Quindi, un rifiuto quasi impossibile da recuperare tramite riciclo meccanico, e per questo destinato alla discarica o all’inceneritore. Con Meraky, invece, anche questo scarto così difficile da gestire torna a nuova vita per donare una veste innovativa a borse e accessori, che mixano tradizione, sostenibilità e artigianato locale. “Abbiamo recuperato questo materiale di scarto – dice Paolicelli – e lo abbiamo combinato con una tecnica tradizionale, quella dell’intreccio. Questo ci permette di conferire ai nostri prodotti una maggiore resistenza. Inoltre, questa tecnica che si affida alla libera manualità di chi intreccia dà vita a un prodotto sempre diverso. Pur utilizzando la stessa tipologia di sacchetti di caffè, ogni accessorio così realizzato sarà un pezzo unico”.
Un processo produttivo che da un lato punta al recupero degli scarti indispensabili per la realizzazione dei singoli capi, dall’altro, invece, al rafforzamento dell’economia locale grazie a un vero e proprio network di imprese che la startup è riuscita a coinvolgere nel progetto. Numerosi, infatti, sono i bar e le torrefazioni che a Bologna hanno aderito all’iniziativa. “Il materiale viene recuperato da bar e caffetterie a Bologna. Sono numerose le attività di questo tipo che hanno sposato il nostro progetto – dichiara la co-founder della startup – e che hanno aggiunto un cassonetto per la differenziata destinato a raccogliere i sacchetti di Meraky. Allo stesso modo, diverse torrefazioni che collaborano con noi, ci forniscono anche gli scarti ottenuti in fase di impacchettamento”.
Un percorso circolare che nel tempo è cresciuto, andando ben oltre i confini nazionali: dall’Italia il progetto è giunto fino in Portogallo, dove ha incontrato la tecnologia di Casa Grigi, startup esperta nella produzione di pelle vegana ricavata da bucce di banana imbrunite, fornite direttamente da una catena di supermercati locali. Uno scarto prezioso, che anziché finire in pattumiera, viene lavorato e riutilizzato per rivestire i manici delle borse. Dunque, una valida alternativa alla pelle animale. “All’inizio, però, alcune parti dei nostri prodotti, come i manici o le chiusure, erano in pelle, quindi contro la nostra filosofia di moda circolare. Così, siamo andate alla ricerca di nuove soluzioni e insieme a Casa Grigi abbiamo sviluppato un materiale innovativo, naturale e cruelty-free, molto simile al cuoio e alla pelle. Si chiama Pacobatex – spiega Paolicelli – ed è composto da scarti alimentari, in particolare, dall’80% di bucce di banana”.
Un progetto che sposa l’artigianalità di prodotti unici nel loro genere, il riuso di scarti che possono tornare a nuova vita e soprattutto il concetto di filiera corta, uniti in un contatto diretto tra produttore e consumatore. “Realizziamo solo prodotti su ordinazione e consentiamo al cliente di prenotare tramite campagne di prevendita online, chiusa la quale abbiamo due mesi di tempo per realizzare esclusivamente ciò che è stato ordinato. Questo ci consente di non produrre scarti” dichiara Emilia Paolicelli. Una sperimentazione di moda, etica e design nata da un lavoro costante di ricerca e sviluppo che non si ferma e che, anzi, porterà all’implementazione di nuove varianti cromatiche per le prossime collezioni. “La prima collezione è caratterizzata da un colore naturale, che ricorda il marrone del caffè contenuto nei sacchetti. Per la nostra seconda linea abbiamo proposto un nero più chiaro, tendente al grigio, ma stiamo sperimentando nuove varianti cromatiche per le prossime collezioni” chiude la co-founder della startup bolognese.