In vista della revisione della disciplina europea sui veicoli a fine vita, l’associazione dei demolitori ADA lancia l’appello per un tavolo di lavoro al Ministero dell’Ambiente. Preoccupa il modello francese, che mette le redini del mercato dei ricambi nelle mani delle case automobilistiche. Calò: “L’Italia faccia squadra con gli altri Stati membri”.
Un tavolo di confronto permanente da istituire presso il Ministero dell’Ambiente per condurre al meglio il negoziato con l’Unione europea sul nuovo quadro normativo comunitario in materia di gestione dei veicoli a fine vita. E preservare l’autonomia di un mercato che oggi in Italia conta oltre 1400 impianti di autodemolizione, capaci di garantire ogni anno il reimpiego di più di 100mila tonnellate di pezzi di ricambio. È l’appello degli operatori della filiera nazionale, lanciato nei giorni scorsi in occasione dell’evento annuale di ADA, associazione nazionale autodemolitori, mentre si avvicina l’appuntamento con l’avvio dei lavori per la revisione della disciplina europea di settore, che potrebbe vedere archiviata l’attuale direttiva a vantaggio di un più vincolante regolamento. “Il convegno – racconta a Ricicla.tv il presidente di ADA Anselmo Calò – si è aperto con una relazione di Henk Jan Nix, segretario generale EGARA, l’associazione europea delle associazioni dei demolitori di auto, che ha dato per possibile la presentazione della nuova disciplina entro luglio. Non sappiamo ancora, però, se nella forma di una direttiva o di un regolamento“.
Se sul veicolo normativo da mettere in campo la Commissione continua a mantenere il massimo riserbo, rispetto ai contenuti invece le anticipazioni filtrate negli ultimi mesi lasciano già intravedere i punti principali della nuova disciplina: dall’ampliamento della platea di veicoli interessati, con l’inclusione delle due ruote, ai nuovi obblighi di utilizzo di materiali riciclati, passando per un rafforzamento del regime di responsabilità estesa dei produttori, con un maggiore coinvolgimento delle case automobilistiche. Un quadro di interventi che le imprese auspicano possa dare nuovo slancio alle attività di gestione dei veicoli a fine vita nel nostro paese, che a oggi risultano aver centrato il target vincolante dell’85% di riciclo e reimpiego dei pezzi di ricambio, mentre resta ancora distante l’obiettivo del 95% di recupero complessivo, complice il ritardo sulla termovalorizzazione delle frazioni a minor valore aggiunto. A preoccupare gli operatori della filiera nazionale della demolizione, però, non è tanto il terreno da recuperare sui target Ue, quanto il rischio che – come sembrerebbero confermare le indiscrezioni emerse nel corso dell’evento ADA – il nuovo quadro di regole europee finisca per introdurre in tutti gli Stati membri un sistema di gestione del fine vita molto simile a quello che a breve verrà adottato in Francia. E non è un caso, visto che i nostri cugini d’oltralpe, con le loro due principali case produttrici, rappresentano di fatto il 50% del mercato dell’automotive dell’Unione.
“Tra le novità della legge francese ce n’è una importantissima – spiega Calò – che prevede l’obbligo per i demolitori non solo di dotarsi della classica autorizzazione rilasciata dagli enti territoriali competenti ma anche di un contratto con una casa automobilistica. Si va cioè verso il modello INDRA“. Vale a dire la società del gruppo Renault che oggi rappresenta il principale player del riciclo delle auto in Francia, con un tasso di recupero complessivo del 96%. Un modello basato sulla stretta integrazione delle attività a valle della filiera, quindi demolizione e rottamazione, con quelle a monte, ovvero la progettazione e costruzione di nuovi veicoli. “Alla luce della nuova legge francese – spiega Calò – i demolitori che non raggiungano una soglia predeterminata di ricambi saranno espulsi dal sistema. E la verifica del raggiungimento degli obiettivi sarà affidata proprio al costruttore che conferisce l’incarico al demolitore. Novità che sembrano destinate a proiettare anche il settore italiano nel futuro”. Proprio per arrivare preparati all’appuntamento con il futuro – e scongiurare il rischio che un nuovo modello col baricentro tutto spostato sulle case produttrici possa travolgere le filiere del riuso e del riciclo – dall’assemblea annuale ADA è arrivato l’appello per l’apertura di un tavolo ministeriale di lavoro. “Vogliamo invitare il governo, attraverso il Ministero dell’Ambiente, a prepararsi a tenere la posizione giusta quando si aprirà il dibattito sulla nuova normativa”.
“Gli stakeholder italiani – chiarisce Calò – devono mettersi intorno a un tavolo e stabilire le priorità per il settore. A partire dalla salvaguardia del mercato. Non possiamo svegliarci un giorno e scoprire che gli autodemolitori non esisteranno più perché il loro lavoro verrà svolto direttamente dalle case automobilistiche”. Tanto più alla luce del fatto che “l’Italia non ha più una grande casa automobilistica nazionale” avverte il presidente di ADA. Il rischio, insomma, è che il controllo del mercato nazionale dei ricambi possa finire nelle mani dei colossi esteri dell’automotive. Per questo la partita sulla nuova normativa andrà giocata soprattutto sul campo delle alleanze con gli altri Stati membri. Anche perché, dopo il braccio di ferro con l’Ue sullo stop alla vendita di veicoli endotermici a partire dal 2035, nel negoziato per le nuove regole in materia di veicoli a fine vita la Germania, principale player europeo dell’industria dell’automotive, sembra decisa a tenere una posizione più defilata. “Se l’Italia farà buone scelte di alleanze, mettendo insieme paesi simili al nostro (che sono la maggioranza) – osserva Calò – non è detto che il sistema francese possa prendere completamente piede”.