Occhio per occhio, dente per dente. E’ così che si dice quando ci si vuole vendicare di un torto subito. Questo vecchio adagio si potrebbe tranquillamente applicare alle turbolenta “love story” tra Cina e Stati Uniti che ha infiammato i mercati e ridisegnato gli scenari di import/export mondiali. E’ una vera e propria guerra quella che si sta combattendo a colpi di dazi doganali che riguarda non solo prodotti agroalimentari ma anche rifiuti. Tra questi, i rottami in alluminio sono diventati oggetto del contendere.
Per comprendere in quale contesto sono maturate le “scaramucce” sull’asse Washington-Pechino occorre fare un passo indietro, fino all’8 marzo quando The Donald firma un decreto che impone nuovi dazi doganali alle importazioni di acciaio e alluminio, rispettivamente del 25 e 10 per cento. L’iniziativa ha come claim quell’ormai famoso ritornello “America First” ma dietro ci sarebbe la rapida crescita della produzione d’alluminio cinese che ha conosciuto uno sviluppo sproporzionato con l’installazione di nuove capacità produttive quasi sempre senza seguire logiche da economia di mercato.
“Lo sviluppo che si è voluto dare all’industria dell’alluminio – dice Orazio Zoccolan, segretario di Centroal – è stato decisamente sproporzionato tant’è che a livello mondiale ci ritroviamo oggi ad avere una Cina che rappresenta tra il 50 e il 55% della produzione mondiale quando solo 20 anni fa non raggiungeva il 5%” Il problema nasce dall’eccesso di capacità produttiva cinese”.
Il messaggio di Trump è arrivato forte e chiaro a Pechino così, con una manovra zehn, i cinesi hanno preparato la contromossa: dazi su 120 prodotti importati dagli Usa tra cui vino, carne di maiale, frutta e…i famigerati rottami in alluminio. Per questi ultimi ci sarà un rincaro del 25%. Il provvedimento ha una sua ratio e spaventa l’industria del riciclo italiana, tra le più forti in Europa.
“Con la chiusura del mercato nord americano – continua Zoccolan – il grande mercato che può assorbire queste produzioni è sicuramente quello europeo. Se la Cina dovesse riorientare le proprie vendite verso l’Europa questo minaccerebbe sì la competitività di tutta l’industria europea. Quindi noi anche se rimaniamo apparentemente a lato di questa vicenda, in realtà ne siamo coinvolti oltre il 100%”.
Il cambio delle rotte determinerebbe una fuga del rottame verso oriente. Questa inversione dei flussi poggia le sue basi su un particolare non di poco conto: l’alluminio è un materiale riciclabile all’infinito. Per produrlo ci sono solo due modi: dalla Bauxite, un minerale che si trova in natura la cui lavorazione richiede ingenti quantità di energia elettrica; o dalla fusione del rottame, quindi dal riciclo. E proprio quei rottami iniziano a fare gola a tanti, anche alla Cina che negli anni ha incontrato difficoltà nell’approvvigionamento dell’energia.
“Negli ultimi anni – conclude Zoccolan – l’Europa è sempre stato un polmone di importazione di rottame metallico da tutto il mondo anche perché in Europa si è sviluppato il mercato di uso finale di alluminio, qui si è generato il rottame e qui è cresciuta e si è sviluppata una grande industria del riciclo, sicuramente la più avanzata a livello mondiale. Quindi abbiamo un’industria del riciclo che è ben posizionata e che oggi si trova a faticare a trovare quel rottame necessario perché ha subito negli ultimi anni la concorrenza non solo cinese (direi che India Cina e Pakistan sono i “Paesi novità” dove è cresciuta la produzione e questi sono venuti a fare incetta di rottami in Europa mettendo in difficoltà i produttori e i riciclatori europei. La risposta cinese all’America rischia di penalizzare l’Europa, come per il grezzo purtroppo rimaniamo impigliati in questa contorta situazione anche sul fronte del rottame”.
Impigliati, appunto. In una fitta rete fatta di ripicche e contrattazioni nella quale, però, potrebbero finirci imprese, lavoratori, persone, famiglie. Secondo i dati di Assomet, l’associazione nazionale delle industrie dei metalli non ferrosi, nel 2017 l’Europa ha esportato in 28 paesi dei mondo circa 900mila tonnellate di rottami. Basteranno a soddisfare la sete cinese?