Mentre in Europa si accende il discorso sull’economia circolare, in Italia più che una risorsa i rifiuti continuano ad essere un problema. O meglio, un costo, e anche piuttosto salato. Nei giorni scorsi sono state pubblicate le indagini dell’osservatorio prezzi di “Cittadinanzattiva” e del centro studi della Confartigianato che si sono occupati della tariffa per la raccolta rifiuti e l’igiene urbana in Italia. Secondo Cittadinanzattiva (che ha elaborato i dati contenuti nel Rapporto Rifiuti Urbani Ispra) nell’ultimo anno la tariffa rifiuti è aumentata in media su base nazionale del 2,1%, passando da 292 a 298 euro circa. Nel 2015 tra tutti i capoluoghi di provincia (prendendo come modello per l’indagine una famiglia tipo composta da 3 persone, con un reddito lordo complessivo di 44.200 euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri) quello più caro è Reggio Calabria (604 euro) seguito da Cagliari e Siracusa (497 e 477 euro rispettivamente), mentre i più economici sono Belluno (150), Isernia (152) e Udine (165). Su base regionale, invece, la Campania sarebbe di gran lunga la più cara (419 euro annui) davanti a Sicilia (378) e Puglia (347), mentre l’aumento più consistente lo hanno registrato i contribuenti lucani: in Basilicata nell’ultimo anno la tariffa è arrivata a costare addirittura il 44,8% in più, passando da 221 a 320 euro. Una classifica che viene però stravolta dall’analisi fatta dal centro studi di Confartigianato, che invece analizza in valore assoluto il costo dei servizi e mette a confronto il peso pro-capite dell’imposizione. In questo modo in testa alla poco ambìta classifica – questa volta con dati riferiti al 2014 – balza il Lazio, con 214 euro ad abitante, seguita da Liguria (211) e Toscana (208). La più virtuosa, invece, questa volta è la regione Molise (123 euro pro-capite). Stando alla rilevazione della Confartigianato questi prezzi sono figli di una vera e propria impennata rilevata su base nazionale negli ultimi 5 anni, durante i quali il costo dei servizi si è alzato del 22,6% il che – sottolinea il rapporto dell’associazione di categoria – è un ritmo dell’8% più alto rispetto al tasso di inflazione, ma soprattutto del 12,8% superiore al ritmo di crescita dei costi per gli stessi servizi nell’Eurozona.