Dal 2 febbraio i produttori o detentori di rottami ferrosi e non ferrosi debbono categoricamente consegnarli ad imprese autorizzate dalla legge a meno che non si occupino direttamente della loro lavorazione. «È come fare un passo indietro e inserire i metalli nel calderone dei rifiuti, quando è oramai comprovato che essi hanno un valore di mercato e muovono l’economia di un intero settore». La reazione alla nuova disposizione di legge dell’ingegnere ambientale Nicola Grillo, presidente dell’Airmet (Associazione Italiana Recuperatori Metalli), è la reazione di un’intera categoria: quella dei recuperatori italiani, la cui economia oramai è al collasso. La legge “Green Economy” da poco entrata in vigore non fa altro che ribadire un concetto previgente, eppure la precisazione legislativa ha definitivamente bloccato la filiera del settore, composta da raccoglitori ambulanti e imprese di recuperatori, complici fin qui il vuoto normativo e la scarsa chiarezza legislativa.
«Nel momento in cui ci si adopera per incentivare, e semplificare, il riutilizzo/riciclaggio di tutti quei materiali che hanno un valore economico positivo certo, sembra che per i metalli si vada nella direzione opposta» – ha spiegato Grillo nel corso di un seminario al quale hanno partecipato i soci Airmet. In effetti, con lo stop alla raccolta dei rottami da parte degli ambulanti, l’unica alternativa per le imprese che devono disfarsi degli stessi è quella di rivolgersi alle municipalizzate per il ritiro del materiale previo pagamento del servizio. Dopodiché i recuperatori di rottami dovrebbero attivarsi per recuperare gli stessi. Una prassi che, nella lontana ipotesi divenisse consuetudine, aumenterebbe costi e tempi per gli interi attori della filiera con la conseguenza di rallentare l’economia del settore.
Senza considerare che i privati e i cittadini preferirebbero rinunciare del tutto a conferire i rottami ferrosi vista la fatica e il costo che comporterebbe consegnarli alla municipalizzata. «In alcune realtà del centro nord la raccolta da parte delle municipalizzate è meglio organizzata, il privato non deve letteralmente caricarsi addosso gli ingombranti e portarli ad un’isola ecologica, ma il ritiro avviene a domicilio – spiega Barbara Bellachioma, titolare di un impianto romano di recupero di materiali da autodemolizioni – ma nelle grandi città, per ovvi motivi, il ritiro a domicilio rimane un’utopia e spesso accade di vedere abbandonati per strada rifiuti ingombranti che potrebbero rappresentare invece una risorsa per ambulanti e imprese di settore».
Sulla questione ambulanti proprio da Roma sono già partite diverse iniziative volte a regolamentarne il lavoro. Sono nate, grazie all’impegno di Airmet, società e cooperative con addetti formati a svolgere il proprio lavoro e dotati di registri che rendano tracciabile il materiale, dal produttore al recuperatore finale. Ciononostante gli impianti sono fermi, e le disposizioni contenute nella nuova legge compattano rabbia e ragioni degli imprenditori. Per questo, nelle prossime settimane, partirà un’iniziativa tesa a portare innanzi alle autorità competenti le ragioni di una categoria che lavora con materiali che – solo per la loro natura di rottami – il legislatore continua a trattare alla stregua di rifiuti, ma che hanno un valore significativo per il mercato italiano, già messo a dura prova dai metalli che arrivano a basso costo dalla Cina.
A mio giudizio tutti potranno vendere i rottami dietro esibizione di documento di riconoscimento.’Senza limitare il quantitativo,non come oggi fino a 30 kg.Questo per la tracciabilita’.Come e’ formulato il sistema di raccolta oggi e’ sbagliato.E’ troppo antieconomico mandare a ritirare oltre 30 kg.