Crescono le quantità prodotte e gestite dalle imprese italiane, calano le esportazioni verso i Paesi stranieri. È il quadro che emerge dal Rapporto Ispra 2016 dedicato ai Rifiuti Speciali, basato sui dati raccolti dall’istituto governativo e riferiti all’anno 2014. Tra pericolosi e non pericolosi, le attività economiche del Belpaese hanno prodotto il 5% di rifiuti in più rispetto al 2013, per un ammontare complessivo pari a 130,6 milioni di tonnellate in un anno. Una tendenza in linea con la “ripresina” dell’economia nostrana, di cui la produzione di rifiuti è inevitabile cartina tornasole.
L’analisi settoriale dei comparti produttivi vede la quasi totalità della “torta” suddivisa tra tre tipologie di attività economica: in cima c’è il settore di costruzioni e demolizioni, che da solo sfiora il 40% della produzione complessiva di rifiuti speciali. Subito dopo ci sono le attività di trattamento rifiuti e risanamento ambientale (29,9%) ed il settore manifatturiero che produce poco più del 20% del totale. Le altre attività economiche (servizi, commercio, trasporto, rete idrica, energia, attività estrattive, agricoltura, pubblica amministrazione, ecc.) contribuiscono per poco più del 10% alla produzione.
L’aspetto di maggiore interesse ad emergere dal rapporto è la crescita delle attività di gestione, vale a dire riciclo, smaltimento, ma anche recupero energetico ed incenerimento: il cuore pulsante del comparto, insomma, che nel 2014 ha registrato un aumento quantitativo del 3,3% di rifiuti gestiti rispetto all’anno precedente, per un totale di 133,8 milioni di tonnellate. Un dato addirittura superiore al totale della produzione, e che quindi si va ad intrecciare con quello dell’import-export, che nello stesso anno ha visto diminuire il mercato in uscita ed aumentare i flussi in entrata. Più precisamente tra 2013 e 2014 abbiamo esportato il 4,7% in meno di rifiuti speciali (per un totale di 3,2 milioni di tonnellate), importandone il 7,6% in più (per un totale di 6,2 milioni di tonnellate).
L’attività più incisiva è stata il recupero di materia, che comprende tutte le attività di riciclo, dai metalli al recupero di inerti da demolizione, e che ha riguardato il 62,4% dei rifiuti speciali gestiti in Italia nel 2014. Nonostante una diminuzione quantitativa rispetto al 2013 nell’ordine delle 737mila tonnellate in meno, l’Italia si riconferma ad ottimi livelli anche in Europa per quanto riguarda i tassi di riciclo dei rifiuti speciali (complessivamente al 75% a fronte di una media UE del 45,7%). Le altre modalità di gestione vedono termovalorizzazione ed incenerimento rispettivamente all’1,6 e all’1%, mentre lo smaltimento in discarica pesa per l’8,5%.
Dal rapporto emergono dati interessanti rispetto a specifiche categorie di rifiuto. Si rileva, infatti, che quasi un quarto dei pneumatici fuori uso prodotti dalle attività italiane finisce nelle esportazioni (125mila tonnellate su 426mila totali) destinati principalmente a recupero di materia in Germania e a termovalorizzazione in Corea. I rifiuti contenenti amianto, invece, per lo più detriti di cemento amianto, registrano un andamento di difficile lettura (anche a causa dell’assenza di un censimento delle strutture sul territorio nazionale) della produzione di questi rifiuti che dopo una tendenziale crescita dal 2007 al 2010 e un picco nel 2012, sembrano registrare un trend apparentemente in forte diminuzione (-36%). La destinazione principale dell’amianto è lo smaltimento in discarica (in Italia ci sono 22 impianti ad hoc), ma il dato Ispra ribadisce la discrepanza tra il totale delle produzioni registrate (340mila tonnellate) e la sommatoria di quantità gestite ed esportate (393mila tonnellate) dovute a quantitativi provenienti da stoccaggi in giacenza e residui di altri trattamenti. I veicoli a fine vita, infine, registrano un sostanziale stallo delle percentuali di recupero di materia nel trienno 2012-2013-2014, con un tasso di riciclo e riuso pari all’83% del peso medio del veicolo: dato lontano dal target comunitario del 95% scattato il primo gennaio del 2015.