Sono 463 (il 55% pubbliche, il 27% pubblico-private e il 18% interamente private) le società in tutto il Paese che svolgono il servizio di igiene urbana. Solo il 4% degli operatori produce il 40% del fatturato (10,5 miliardi di euro). Ad avere la peggio parte le imprese piccole e piccolissime che rappresentano il 15% degli operatori e che registrano fatturati in perdita. A questi numeri devono essere aggiunte oltre 1000 gestioni dirette da parte dei Comuni, il 55% dei quali al Sud. La fotografia di una frammentazione che non può più essere tollerata, arriva nel corso della presentazione del sesto ‘Green Book’, svoltasi questa mattina presso palazzo Valentini a Roma, redatto da Utilitalia (imprese acqua, energia e ambiente) con la collaborazione scientifica di Cassa Depositi e Prestiti.
Gli Ambiti Territoriali Ottimali ad oggi individuati dalle Regioni sono 67, con differenze di abitanti serviti tra il nord e il sud. Quattro Regioni e una Provincia non hanno ancora adempiuto all’obbligo di individuare gli Enti di Governo degli Ambiti ed è incompleta, in oltre la metà delle Regioni, l’adesione dei Comuni agli ambiti individuati. In questo scenario le recenti deleghe alla legge Madia con la paventata ipotesi dell’introduzione di un’Autorità di regolamentazione, potrebbero fornire un impulso al processo di definizione dei sistemi di controllo e di regolazione, fondamentali per l’industrializzazione del settore. Sul fronte degli investimenti il rapporto dimostra che nel quinquennio 2011-2015 sono stati investiti circa 2 miliardi di euro, a fronte di un fabbisogno che per i prossimi 5 anni si attesta intorno ai 6 e i 7 miliardi di euro. A minacciare gli investimenti ci sono sostanzialmente il basso consenso (che in talune aree del Paese si traduce in vere e proprie azioni ostative) alla costruzione di impianti, un quadro normativo che non rende possibile quantizzare i rifiuti da trattare e l’assenza di un sistema tariffario omogeneo. Germania, Paesi Bassi, Svezia, Austria, Danimarca, Francia, Regno Unito e Spagna, sono i Paesi ai quali il ‘Green Book’ si è ispirato per rendere più efficienti i servizi in Italia. Riciclo e recupero, discariche zero (o quasi), strumenti regolatori ed economici sono il comune denominatore del successo dei suddetti Paesi.
In altre parole, anche l’Italia deve dotarsi di un più efficiente processo industriale, di imposte e tariffe standard e di un organismo di controllo e sanzionamento unico. La questione tariffe in particolare, è un argomento molto spinoso viste le enormi differenze esistenti nelle varie aree del Paese. Una disamina della Tari dimostra che una famiglia tipo (3 componenti in 100 metri quadri) nel 2015 ha speso mediamente 215 euro se residente in un Comune sotto i 50.000 abitanti e 321 euro se residente in un Comune con popolazione superiore a 200.000 abitanti. I Comuni, per il servizio di igiene urbana, hanno speso in media circa 175 euro per abitante, con una variabilità molto elevata in funzione della dimensione territoriale: 133 euro per abitante nei piccoli comuni e 243 euro per i comuni oltre i 200 mila abitanti.
«Servono politiche nazionali che consentano di effettuare gli investimenti necessari, un sistema di finanziamento autonomo, stabile, improntato al rispetto del principio ‘chi inquina paga’ e regole certe, che obblighino le aziende, con un corretto sistema di premi e penalità, a rendere più efficiente la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti e a garantire ai cittadini e alle città servizi migliori. In tal senso l’introduzione di un’Autorità nazionale è fondamentale», ha spiegato il vicepresidente Utilitalia, Filippo Brandolini. «Il punto di partenza deve essere ‘zero discariche’. A quello dobbiamo puntare, perché è la cosa più incivile della questione rifiuti. In primo luogo bisogna ridurre i rifiuti prodotti e non lo stiamo facendo. Il trattamento organico è il secondo punto, e da ultimo far diventare i rifiuti valore energetico. Solo in Italia i termovalorizzatori sono visti come il demonio. Non esiste paese zero discariche senza termovalorizzatori» ha invece aggiunto il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti.
A margine della mattinata l’intervento del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti: «Avanti con la raccolta differenziata e con l’applicazione delle norme che abbiamo stabilito nell’articolo 35 dello ‘Sblocca Italia’, quindi con una rete nazionale dei rifiuti che faccia in modo che l’Italia entro il 2020 sia autosufficiente e riesca a smaltire in maniera corretta tutti i rifiuti rinunciando definitivamente alle discariche che sono il vero male del Paese». Sul dislivello dei territori in materia di raccolta differenziata, Galletti difende le norme esistenti: «Ci sono Comuni che arrivano all’80% di RD e altri che si fermano al 3%, eppure le regole sono uguali in tutta Italia. Sono gli enti locali che devono spingere per incrementare la raccolta».