Secondo Eurostat nel 2021 l’Italia ha avviato a nuova vita il 72,9% dei rifiuti da imballaggio, superando l’obiettivo al 2030. Centrati con nove anni d’anticipo anche quasi tutti i target specifici per le varie filiere. In flessione il riciclo dell’acciaio
Nel 2021 l’Italia ha riciclato il 72,9% dei rifiuti da imballaggio, sopra la media europea del 64%, centrando e superando con nove anni d’anticipo l’obiettivo del 70% al 2030. Lo comunica Eurostat, nell’ultimo aggiornamento della banca dati sulla gestione del packaging a fine vita negli Stati membri dell’Ue. In termini di riciclo complessivo, riporta l’istituto di statistica, il nostro paese si posiziona al quarto posto in classifica dopo Belgio, Olanda e Lussemburgo. Che però – complici anche una serie di fattori socioeconomici, dal PIL alla densità di popolazione, passando per l’impatto dei flussi turistici – hanno tutti generato meno rifiuti pro capite rispetto ai 229,9 kg prodotti in Italia da ogni singolo abitante. Dato che, anche in questo caso, risulta superiore alla media Ue di 188,6 kg. Segno che c’è ancora la lavorare in termini di riduzione della produzione di rifiuti, ma anche che sul fronte della gestione del fine vita l’Italia si conferma best practice di rango continentale.
Un primato che si estende a tutte le filiere di gestione del packaging. I numeri di Eurostat confermano infatti il raggiungimento anticipato dei target europei di riciclo al 2030 per quasi tutte le frazioni da imballaggio: carta (84,6% a fronte di un obiettivo dell’85%), plastica (54,8% contro il 55%), legno (63,9% con target al 30%), alluminio (71,8% contro il 60%), vetro (76,6% a fronte del 70%). In flessione il riciclo degli imballaggi in acciaio, che nel 2021 ha perso quasi sette punti percentuali per effetto della brusca frenata della produzione siderurgica in Ue. Con il 70,2% la filiera raggiunge l’obiettivo del 70% al 2025, restando tuttavia lontana da quello dell’80% al 2030. Complessivamente i numeri del sistema italiano non hanno risentito del passaggio al nuovo – e più severo – metodo di calcolo unificato introdotto per tutti gli Stati membri a partire dal 2020. Cosa che conferma la solidità delle filiere del riciclo, ma anche la validità del sistema di raccolta ed elaborazione dei dati coordinato a livello nazionale dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Numeri, quelli del sistema italiano, che il governo è pronto a portare al tavolo dei negoziati con la Commissione europea sul nuovo regolamento imballaggi. Il provvedimento, allo studio delle istituzioni dell’Ue, punta a imprimere un cambio di passo nelle scelte di gestione degli Stati membri, soprattutto in termini di prevenzione. Secondo Eurostat i rifiuti di packaging prodotti in Ue nel 2021 ammontavano a 188,7 kg per abitante, 10,8 kg in più per persona rispetto al 2020, l’aumento maggiore in 10 anni, e quasi 32 kg in più rispetto al 2011. Troppi, dice Bruxelles, e troppo alto il rischio di dispersione nell’ambiente, che la Commissione vuole arginare spostando il baricentro delle strategie nazionali di gestione sui gradini più alti della gerarchia europea, quelli della riduzione e del riuso.
Un provvedimento che “negli obiettivi generali è condivisibile” ha spiegato ieri la capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente Laura D’Aprile, chiarendo però che il governo è al lavoro per “rimarcare il ruolo dell’Italia nel contesto europeo di riciclo degli imballaggi” e “garantire il grado di flessibilità necessario”. L’obiettivo è quello di tutelare i produttori italiani di packaging che hanno messo la riciclabilità al centro delle proprie strategie di crescita, in sintonia con un sistema nazionale di raccolta e riciclo capace, dicono i numeri, di trasformare in nuova risorsa il 73% degli imballaggi a fine vita, evitandone lo smaltimento in discarica e scongiurandone la dispersione. Un ciclo virtuoso, ma anche un canale strategico per l’approvvigionamento di risorse, indispensabile per consentire al sistema industriale e manifatturiero di fronteggiare la carenza strutturale di materie prime sul territorio nazionale.