Una piccola manovra finanziaria nascosta nel cassonetto. Ammonta a circa sei miliardi e mezzo di euro infatti il risparmio sul costo delle importazioni di materie prime dall’estero del quale l’Italia può beneficiare grazie alla corretta raccolta e selezione dei rifiuti: carta, vetro, metalli, plastica, ma anche le frazioni umide avviate negli impianti di compostaggio o digestione anaerobica. Risparmio al quale si aggiunge quello da due miliardi di euro in termini di costi energetici, pari a circa il 10% dei consumi elettrici della Penisola. Un taglio alla spesa da otto miliardi e mezzo, insomma, pari a poco meno di un terzo del valore complessivo della Legge di Stabilità 2017 appena licenziata dalla Camera. A calcolare il valore economico del waste management italiano è stato, come ormai da tradizione, il think tank di importanti operatori del sistema dei rifiuti coordinato dalla società di consulenza ambientale Althesys ed il cui lavoro è confluito nel WAS Annual Report 2016, presentato questa mattina a Roma.
Avviare i rifiuti ad una corretta gestione, sottraendoli alla discarica ed immettendoli nei canali del riciclo, non serve solo a ridurne l’impatto ambientale ma anche e soprattutto a recuperare materia e trasformarla in valore economico, ricorda Althesys, secondo il paradigma dell’economia circolare. Una scelta strategica per l’Italia, povera di materie prime e storicamente dipendente dalle importazioni, sebbene l’industria del riciclo stia progressivamente ribaltando questo stato di cose. Grazie alla trasformazione dei rifiuti in materie prime seconde, ad esempio, l’industria cartaria italiana può beneficiare di risparmi sul costo delle materie prime vergini pari a circa 2 miliardi di euro annui. Sono 500 i milioni di euro risparmiati invece nel settore delle materie plastiche grazie all’impiego dei materiali di recupero. Un mercato, quello delle Mps, in forte crescita nonostante permangano alcuni ostacoli normativi ed industriali al pieno sviluppo della circular economy italiana. «Oggi – si legge nel report – le Mps hanno assunto un ruolo strategico per l’industria italiana». Solo nel comparto della carta, negli ultimi 15 anni, la carta recuperata è quasi raddoppiata passando dal 26% del totale nel 2000 al 47,7% nel 2015. Ciò ha permesso all’Italia di diventare esportatrice netta di maceri, ribaltando la posizione storica di dipendenza dall’estero.
Complessivamente, stando ai dati raccolti da Althesys l’industria del waste management cresce in maniera stabile negli ultimi anni, toccando – solo per i primi 75 top player – un fatturato da 9,7 miliardi di euro. Ma le imprese più dinamiche – secondo il rapporto WAS – si stanno sviluppando soprattutto nel settore della selezione e della valorizzazione dei materiali raccolti. Lo sviluppo delle fasi a valle della raccolta, essenziale per la partenza di un vero comparto della circular economy, è diventato un imperativo nelle politiche di gestione dei rifiuti, per questo gli operatori stanno lentamente spostando su questa parte della filiera il loro focus strategico: oggi questo segmento vale già 2 miliardi di euro.
«L’interesse degli operatori grandi e piccoli si sta decisamente orientando verso i business della circular economy – ribadisce Alessandro Marangoni, ad di Althesys – le imprese di waste management puntano a integrarsi lungo la value chain, nella selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, ottenendo il doppio risultato di ridurre le quantità di rifiuti da smaltire e aumentare il valore aggiunto. Il presidio dei mercati delle materie prime seconde, in alcuni casi ormai commodities globali, sarà sempre più strategico».
Il 73% degli operatori del riciclo tratta almeno due materiali recuperati, in particolare carta e plastica, con il 66% delle imprese attive su entrambi. Il 60% dei player si dedica ai metalli, mentre sono il 45% quelli attivi nel vetro e altrettanti nel legno. Infine il 46% opera solo nel business degli urbani, il 33% esclusivamente degli speciali. Il 21% è impegnato su entrambi i flussi. Da questi dati, spiega Althesys, si desume che il segmento della selezione-valorizzazione si sta avviando verso una progressiva seppur lenta trasformazione con l’inizio di quei processi di consolidamento e industrializzazione che caratterizzano già da alcuni anni le fasi della raccolta a monte e dello smaltimento a valle.
L’Italia del riciclo insomma cresce nelle dimensioni e nel valore economico, sebbene permangano difficoltà e ritardi. «In Italia – aggiunge Marangoni – un significativo potenziale di sviluppo si trova nel campo dei rifiuti organici urbani (Forsu), che ha ancora margini di crescita, soprattutto nel meridione, dove 2,3 milioni di tonnellate di umido non sono ancora intercettate. La trasformazione in materie prime di nuova generazione e in energia rinnovabile con la produzione di biometano sono alcune delle sfide più concrete per lo sviluppo dell’economia circolare».