Prodi: “Dobbiamo tendere ai grandi obiettivi di sviluppo e partecipare all’innovazione. Ritengo che il cambiamento sia un obbligo morale”
“Questo non è un piano del governo ma di tutto il Paese e va realizzato con tutto il Paese e da tutto il Paese”, dice Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili. Un’opportunità da non perdere, quella offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma sono ancora tante le criticità che richiedono interventi urgenti per essere superate. I presupposti ci sono ma è necessario allinearsi in primis con gli ambiziosi obiettivi Onu dell’Agenda 2030. “La lotta ai cambiamenti climatici non è ancora identificata come volano per la ripresa economica”, fa sapere il presidente dell’ASviS Stefanini. È necessaria, dunque, una visione integrata per un PNRR che trasformi il Paese.
“Dobbiamo costruire una strategia condivisa – spiega Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS – nella quale a partire dalle istituzioni pubbliche centrali fare in modo che l’effettivo cambiamento che sia capace di adattarsi alla crisi climatica possa avvenire in armonia e anzi, creando possibilità nuove di lavoro e impresa. Abbiamo bisogno davvero in modo serio e ragionato di cambiare, di trasformare ed evolvere in una certa direzione. Riteniamo che la sfida sia molto impegnativa, difficile e complicata, ma secondo me abbiamo le carte per vincerla”.
Legislazione, investimenti e cooperazione internazionale: è impegnata su questi tre fronti la Commissione europea per dare il proprio contributo al processo di decarbonizzazione. La corsa per l’obiettivo zero emissioni è lanciata ma la strada è ancora lunga. “Abbiamo deciso che non ha senso ricostruire la nostra economia com’era, perché tornare al passato non potrebbe che riconsegnarci un presente di crisi. Abbiamo deciso che questa volta la ripresa non sarebbe stata un ripartire da dove eravamo arrivati, ma intraprendere un nuovo corso. Infine, abbiamo stabilito di fissare i nostri nuovi obiettivi climatici in una legge per sottrarli alle mutevoli priorità della politica del quotidiano, perché Green Deal non è il lusso di tempi passati ma una necessità per i tempi futuri”, aggiunge Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione europea.
Ripartenza per l’Italia ma soprattutto rilancio del Mezzogiorno: sono queste le sfide proposte dal Piano. La questione ambientale è entra a tutti gli effetti tra le priorità d’intervento e l’Italia è chiamata a fare la sua parte per inserirsi in un percorso di vera transizione ecologica che coinvolga tutto il Paese, da Nord a Sud. “Tra gli investimenti previsti per l’economia circolare – spiega Mara Carfagna, ministro per il Sud e la coesione territoriale – il Sud tocca una delle percentuali più elevate di territorializzazione, circa il 53%. Anche la lotta al cambiamento climatico, così come la protezione della flora e della fauna sia acquatiche che terrestri prevedono alcuni investimenti mirati che vanno però inquadrati soprattutto nell’ambito più generalizzato di un’attenzione agli effetti di natura green che avrà il Piano. Penso che sia stato fatto forse per la prima volta in Italia un importante sforzo in questa direzione. Naturalmente si può chiedere di più, si può fare di più e si farà di più”.
Cambiamento: è questa la parola chiave per il rilancio del Paese, ma è necessario scendere ancora più a Sud per raggiungerlo. Se non si parte prima da una trasformazione culturale del Mezzogiorno, sarà difficile riuscire a partecipare in modo attivo a una reale trasformazione del capitalismo italiano. “Come facciamo ad avere uno sviluppo del Sud se non abbiamo un nuovo rapporto con l’Africa? Il Sud era vivo quando il Mediterraneo aveva centinaia di migliaia di persone del Nord che vivevano al Sud. Alessandria d’Egitto ospitava decine di migliaia di italiani. Di fronte a noi abbiamo il deserto e il comando in mano alla Russia e alla Turchia. Io voglio le trasformazioni realistiche. Noi dobbiamo tendere ai grandi obiettivi di sviluppo e partecipare all’innovazione, altrimenti veniamo schiacciati ed emarginati dal nuovo a cui dobbiamo puntare. Ritengo che il cambiamento sia un obbligo morale”, afferma Romano Prodi, già presidente del Consiglio dei Ministri.