Sono oltre 441mila le aziende italiane che dal 2016 al 2020 hanno deciso di innovarsi puntando a tecnologie sempre più attente all’ambiente
Un 2020 da record per l’Italia della sostenibilità che avanza spedita sulla strada della transizione ecologica, portando con sé un bagaglio di nuove competenze, green jobs, tecnologie e investimenti che neanche il covid nell’anno della pandemia è riuscito a frenare. Sono oltre 441mila le aziende italiane che dal 2016 al 2020 hanno deciso di innovarsi puntando a tecnologie sempre più attente all’ambiente. E il Sud in questo è riuscito a distinguersi con 46mila 109 imprese solo in Campania, che così si posiziona al secondo posto in Italia nella graduatoria regionale per numero assoluto di aziende che hanno investito, o investiranno entro l’anno, in tecnologie green. Questo il quadro che emerge dal rapporto GreenItaly di Fondazione Symbola e Unioncamere. “Coesione, transizione verde e digitale: sono questi i tre canali del Next Generation Eu, del Recovery Fund, ma anche di larga parte del bilancio ordinario dell’Europa. Affrontare la crisi climatica non è solo necessario, ma è soprattutto un’occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo per poter affrontare con coraggio le sfide del futuro” afferma Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola.
Oltre ad essere una scelta obbligata nella lotta alla crisi climatica, all’inquinamento e all’esaurimento delle risorse, spiega Symbola, la sostenibilità è oggi il tassello fondamentale per rendere più competitive le filiere produttive puntando ai lavori del futuro, i green jobs. Nonostante le difficoltà generate dalla pandemia sul fronte occupazionale è cresciuta la richiesta da parte delle aziende di figure sempre più esperte e qualificate. A fine 2020, infatti, gli occupati impegnati in “professioni green” erano pari a 3.141,4 mila unità, di cui 1.060,9 mila unità al Nord-Ovest, 740,4 mila nel Nord-Est, 671,5 mila al Centro e le restanti 668,6 mila unità nel Mezzogiorno. Se per alcuni il 2020 ha significato un decremento di posti di lavoro, per le imprese che hanno investito in green jobs, invece, è stato l’anno della svolta con il consolidamento o addirittura la crescita di nuove occupazioni sostenibili. “Questa battaglia si vince con le competenze. Sulle competenze dobbiamo prenderci la responsabilità di fare grandi investimenti, sia pubblici che privati, sulla ricerca” dichiara Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica.
Tra le sempre più numerose declinazioni della green economy il riciclo resta una di quelle che vedono l’Italia imporre la propria leadership a livello europeo, con un tasso pari al 79,4% sul totale dei rifiuti sia urbani che speciali prodotti e avviati a corretta gestione nel 2018. Un risultato ben superiore alla media europea del 49% e a quella di altri Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%). Nel 2019, secondo Symbola, il tasso di utilizzo di materia seconda nei cicli produttivi per l’Italia si è attestato al 19,5, poco al di sotto del valore di 20 fatto segnare dalla Francia
e superiore al valore di 12,4 della media dell’Unione Europea. Un contributo prezioso all’ambizioso percorso verso il target europeo di neutralità climatica al 2050. Le attività di riciclo e di sostituzione di materia prima seconda nell’economia infatti hanno garantito all’Italia un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni. Il rapporto di Symbola colloca l’Italia riciclona anche tra i leader mondiali della chimica bio-based, attiva nella produzione di prodotti biodegradabili e compostabili, sempre più utilizzati nelle filiere agricole e cosmetiche. Senza poi dimenticare le ottime perfomance sul fronte della produzione di biogas da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo, quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti con 2mila 177 impianti attivi e 21 strutture in esercizio per la produzione di biometano.