L’emergenza è in corso da un anno e mezzo: manca solo la “certificazione” istituzionale da parte di Palazzo Chigi che ne prenda atto operando il commissariamento della Regione Sicilia.
È questa la posizione di Rosario Crocetta e della sua Giunta alla guida dell’isola. Il governatore è apertamente in attesa da mesi, ormai, di essere investito di poteri speciali per oliare meccanismi, scavalcare ostacoli ed accelerare procedure necessarie a risolvere una questione che col trascorrere dei mesi si è fatta sempre più intricata. L’attesa potrebbe concludersi entro la fine di questa settimana, con l’annunciato incontro tra lo stesso Crocetta ed il sottosegretario della presidenza del Consiglio, De Vicenti per trovare una «soluzione condivisa».
Lo ha detto senza mezzi termini la stessa assessore siciliana ai Rifiuti, Vania Contrafatto: «Abbiamo gestito l’emergenza senza essere in emergenza». Questa l’estrema sintesi di mesi difficili dai quali bisognerebbe uscire al più presto: «All’estero l’immondizia non si può portare – ha spiegato l’assessore – non abbiamo impianti di trattamento sufficienti per tutti i rifiuti» mentre con il commissariamento si potrebbero «velocizzare i tempi di realizzazione degli impianti e trattare i rifiuti in tempi più contingentati».
Proprio il “no” ai conferimenti oltreconfine era stato ribadito nei giorni scorsi dallo stesso Crocetta sia per risolvere una crisi che potrebbe diventare presto irrimediabile, sia per cercare di dare una configurazione matura e sostenibile al ciclo isolano.
Nel breve termine bisognerebbe uscire da un sistema imperniato sulle discariche private (tra le più grandi l’unica pubblica è la palermitana Bellolampo): Siculiana, Motta Sant’Anastasia e Lentini. Quest’ultima da sola accoglie circa il 40% dei rifiuti prodotti in Sicilia ogni giorno, ma nonostante i lavori di ampliamento è anche tra gli impianti più prossimi all’esaurimento: complessivamente pare che la capacità residua delle discariche siciliane sia nell’ordine delle 6mila tonnellate.
Per questo la soluzione più rapida per dare ossigeno al sistema è quella di aprire due nuove discariche – questa volta pubbliche, però – nei siti di Gela e di Enna; ma occorre accelerare, ed è (anche) per questo che a Palazzo d’Orleans si chiedono poteri straordinari.
L’altro motivo è quello di assumere altre decisioni difficili: da una parte la riorganizzazione interna di natura amministrativa (Ato e Srr sono da ridurre drasticamente), dall’altra la realizzazione dell’impiantistica necessaria. Un’altra soluzione di passaggio individuata da Crocetta sarebbe quella dei cementifici, il “modello Abruzzo” per sfruttare gli impianti esistenti sull’isola come para-inceneritori: ma sulla sua strada si è alzato immediatamente il “no” degli ecologisti di Legambiente. Che non hanno tutti i torti, perché non è così immediato convertire i rifiuti in CSS combustibile (il governatore siciliano si è detto intenzionato a bruciare i rifiuti in uscita da TMB come quello entrato in funzione a Bellolampo solo pochi mesi fa), né tanto meno dotare gli impianti delle cementerie delle necessarie tecnologie prima e delle autorizzazioni poi.
Certo è che non basta invocare la differenziata per far sollevare le percentuali imbarazzanti della Sicilia, e intanto il problema sul breve termine rimane: figurarsi in prospettiva. L’accordo tra Palermo e Roma insomma sembra davvero l’unico strumento in grado di sbloccare una situazione pronta a sfociare nel caos con il timore che l’emergenza diventi pure di natura sanitaria. Uno strumento necessario e forse prossimo come non mai.