Si scrive “estensione della deroga ai criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica”, si legge “rifiuti ancora nelle discariche, per di più senza potersi permettere tempi e tecniche di conferimento in linea con la normativa ambientale”: sono trascorsi sei mesi, ma il refrain in Sicilia non cambia.
Era il 31 maggio scorso, infatti, quando fu emessa la prima ordinanza d’intesa tra governo nazionale e governo siciliano, successivamente rinnovata e rafforzata da quella del 7 giugno. Obiettivi dichiarati, quello di evitare di riconoscere tanto lo stato di emergenza quanto il commissariamento dell’isola, oltre che l’ambizione magari non di risolvere, ma almeno di tentare di normalizzare il ciclo dei rifiuti siciliano. Una normalizzazione che doveva passare attraverso varie tappe obbligate: dalla legge di riordino agli accordi per lo smaltimento fuori regione nell’ambito di un piano rifiuti aggiornato e rispettoso dei dettami dello Sblocca Italia, dall’affidamento dei servizi alle SRR “commissariali” fino ad impegni record per il rilancio della raccolta differenziata a suon di piani operativi e cronoprogrammi. L’ordinanza impegnava i comuni rispetto al governo regionale e la stessa assemblea regionale nei confronti del Ministero, creando una concatenazione di responsabilità che avrebbe dovuto funzionare da leva positiva: pena, l’esercizio di poteri sostitutivi (di Palazzo d’Orelans sui municipi, del Governo centrale su quello regionale, per l’appunto).
Poco o nulla di tutto ciò è accaduto (basti ricordare l’obiettivo del +6% minimo di raccolta differenziata da centrare per ogni singola amministrazione entro il 30 novembre) e attraverso una serie di aggiusti, rinvii e formule interpretative degli accordi. Il risultato non ha indotto nessuno – né a Roma, né tanto meno a Palermo – a precipitare le proprie decisioni, e neppure a formulare un “ultimatum”. Au contraire, allo scadere dell’intesa di giugno l’asse via Cristoforo Colombo-Palazzo d’Orelans ha prodotto tre nuove ordinanze, datate tutte e tre primo dicembre, con le quali si interviene sugli aspetti strutturali cardine del ciclo rifiuti in Trinacria. La deroga fondamentale sulle normative per i conferimenti è stata prorogata al 30 maggio 2017, estendendo quindi ancora una volta apertura e funzionamento degli impianti di Lentini e Motta Sant’Anastasia “per la sola frazione secca dei rifiuti” a seguito dei pareri espressi da ASL e ARPA, rendendo quindi definitivamente obbligatorio il pretrattamento nei TMB (per prorogare le autorizzazioni dei vari siti ad ospitare gli impianti mobili c’è un’ordinanza ad hoc valida fino al 31 maggio 2017 che inoltre estende l’efficacia di altre misure assunte nella fase di fine estate della gestione post-assestamento dell’ordinanza, quando c’è stato anche bisogno di riorganizzare a più riprese i flussi e quindi autorizzare ulteriori impianti di ogni proporzione).
Per il prossimo futuro pare delinearsi una stretta di tempi e obiettivi rispetto a quanto fissato e – manco a dirlo – andati più o meno a vuoto dalle ordinanze di maggio-giugno. Su tutto la redazione e presentazione del piano d’ambito delle SRR entro il 31 gennaio nelle mani di una gestione per lo più commissariale: a maggio si invocava una immediata attivazione delle procedure di affidamento del servizio nei rispettivi ambiti territoriali affinché, assieme ai comuni, attivassero misure straordinarie ed urgenti. La materia delle due ordinanze a distanza di sei mesi non è la medesima, ma la disposizione appare sintomatica di una gestione che continua a pagare tempi dilatati che mal si conciliano con quella che dovrebbe essere una gestione emergenziale (o comunque straordinaria). Stando a quanto prescritto, una bozza di ordinanza a cura dell’assessorato all’Energia che contenga un “progetto strategico di riorganizzazione funzionale ed organizzativa delle SRR” dovrà arrivare sulla scrivania di Crocetta già entro il prossimo 15 dicembre. Ma a questo punto anche le scadenze fissate nero su bianco vanno prese a dir poco con cautela.
Nel frattempo, per non far mancare nulla all’eterno ritorno dei cliché che hanno caratterizzato gli ultimi sei mesi del ciclo rifiuti siciliano, un decreto del 2 dicembre firmato dal dirigente generale del dipartimento acqua e rifiuti dell’assessorato all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità, Maurizio Pirillo, riorganizza per l’ennesima volta il balletto dei conferimenti, stilando un nuovo piano relativo ai siti chiave di Trapani, Bellolampo, Castellana Sicula, Motta Sant’Anastasia, Lentini, Ragusa, Gela e Siculiana. E non senza sollevare più di un interrogativo sulla logistica scelta (il primo cittadino di Agrigento è sul piede di guerra dopo che al suo Comune è stato imposto di conferire a Lentini attraversando l’isola per 185 chilometri nonostante l’impianto di Siculiana insista sulla sua stessa provincia e ne disti soltanto 20) come è accaduto spesso nei tentativi di far quadrare i conti dei mesi scorsi da parte di Crocetta e dei suoi, al netto dell’inevitabile corollario di contestazioni che segue la riattivazione di alcuni siti. Sta accadendo negli ultimi giorni a Motta Sant’Anastasia, ma senza i nuovi impianti e al netto dei trasferimenti fuori regione a Palazzo d’Orleans non restano molte alternative a quello che sembra sempre di più un “gioco delle tre carte” a colpi di ordinanze.