Un commissariamento annunciato tra le righe da quattro mesi. Da agosto l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo in Sicilia sembrava l’inevitabile epilogo di una politica isolana in materia rifiuti quanto mai impantanata tra ordinanze emergenziali, discariche chiuse e operatività dei nuovi soggetti d’ambito ancora in alto mare. In quest’ultimo caso la stragrande maggioranza degli Srr (che dopo l’ennesima proroga a metà gennaio dovrebbero definitivamente succedere agli Ambiti territoriali ottimali) è ferma nelle sabbie mobili della burocrazia amministrativa e l’efficacia dei soggetti stessi è stata ulteriormente frammentata dal reinvio della titolarità dei servizi di gestione rifiuti in capo ai singoli comuni tramite gli ARO (ambiti di raccolta ottimale). Un ultimatum informale era stato lanciato ad agosto e ribadito ad ottobre, quando sembrava che le scadenze richieste da Roma (e mai rispettate) si stessero traducendo in una mossa anche di natura politica per ampliare l’influenza dell’ala renziana del PD sull’isola. Ma pur restando tesa, la situazione non è mai precipitata. Nel frattempo il nuovo piano rifiuti non è stato mai redatto mentre sul fronte del parco impiantistico soltanto la prossima conferenza Stato-Regioni potrà rivelare se si andrà avanti con i due mega-inceneritori previsti dallo Sblocca Italia o se invece si procederà con il piano proposto da Crocetta di affiancare sei piccoli impianti alle altrettante piattaforme di separazione secco-umido sul territorio. Nell’attesa, la Sicilia e il suo ciclo rifiuti sembrano essere ancora incapaci di affrancarsi da una cronica dipendenza dai conferimenti in discarica, tanto più pericolosa a fronte delle pallide performance in termini di raccolta differenziata (la cui crescita è ferma sotto l’1% annuo) che aggravano la crisi degli impianti e le preoccupazioni per le sanzioni comunitarie. Meno di un mese fa la polemica a Palermo tra Regione da una parte contro Comune e Rap (l’azienda che gestisce raccolta e impianti) dall’altra su Bellolampo. Lo storico sversatoio si è munito da aprile di un impianto TMB da 22 milioni in grado di ridurre le quantità di rifiuti destinati alla discarica, ma non funziona perché per mesi è stato impossibile collegarlo alla rete elettrica rallentando i tempi di collaudo, mentre dal Palazzo delle Aquile contestano la collocazione dell’impianto stesso, di difficile raggiungibilità – dicono – per i mezzi dell’azienda di servizio. Un dialogo quasi inconciliabile quello tra il governo Crocetta e le amministrazioni locali, come testimoniato anche dalla vicenda che ha visto il Tar di Palermo giudicare inaccettabile l’ordinanza presidenziale che avrebbe inasprito la tassa rifiuti per quei Comuni con una differenziata al di sotto del 15% (scaricando così totalmente sui municipi le inefficienze di un ciclo che non funziona a partire dal piano regionale). Una distanza che pare incolmabile e che sembrerebbe approssimare ancora una volta la soluzione commissariale della vicenda che da qualche fronte è probabilmente anche ritenuta auspicabile, ma per ora la Sicilia non sembra rientrare nel dibattito nazionale e tra Roma e Palermo le cronache registrano solo un assordante silenzio.