Sono solo poche righe, ma potrebbero bastare a mettere in imbarazzo il governo su un tema delicatissimo: la gestione dei rifiuti radioattivi. Materia di quelle nelle quali Palazzo Chigi non è nuovo ai passi falsi e che stavolta potrebbe essere la causa di un brutto scivolone internazionale. Protagonisti da una parte i nostri Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico e, dall’altra il Ministero dell’Ambiente francese, che in un documento ufficiale ha espresso perplessità sulla capacità dell’Italia di avviare i lavori di costruzione del Deposito Nazionale delle scorie radioattive entro il 2021.
Il parere firmato dall’ente di governo francese, è stato inviato lo scorso 18 settembre al Ministero dell’Ambiente nell’ambito della consultazione pubblica sulla proposta di Programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito, la cui approvazione, ormai prossima, è in pesante ritardo sulla tabella di marcia prevista dalle direttive Euratom, tanto da aver condotto all’apertura di una procedura europea d’infrazione.
Ma torniamo alla lettera del Ministero francese. Appena due paginette, sufficienti però a contenere tutti i dubbi sulla capacità dell’Italia di tenere fede al cronoprogramma relativo alla costruzione del Deposito nazionale. «La Francia – scrive il ministero a proposito del piano per la costruzione del Deposito – tenuto conto degli imprevisti legati alla creazione di questo tipo di installazione, si interroga sulla compatibilità delle scadenze per ottenere il rilascio dell’autorizzazione ai lavori entro il 2021».
E non è un dubbio di poco conto, visto che la necessità di rispettare quella scadenza è fissata nell’accordo di Lucca, col quale nel 2006 Parigi si impegnò a ritirare dall’Italia 235 tonnellate di combustibile nucleare esaurito. Un’intesa simile a quella siglata qualche anno prima, intorno al 2003, con l’Inghilterra. Accordo vantaggioso per la Francia, che ha “riprocessato” il combustibile recuperandone le parti ancora utilizzabili, e per l’Italia, che ha potuto così liberarsi provvisoriamente di rifiuti radioattivi ad altissima intensità. Rifiuti che altrimenti avrebbe avuto problemi a stoccare in sicurezza, dal momento che il Deposito Nazionale delle scorie radioattive non è stato ancora costruito.
Ma l’accordo con la Francia è temporaneo e prevede il rientro delle scorie a partire dal gennaio 2019. Stando al programma del governo italiano, i lavori per la costruzione del Deposito nazionale inizieranno però nel 2021, per concludersi, nella migliore delle ipotesi, entro la fine del 2024. Appena un anno prima della fine del periodo di rientro delle scorie, fissata nell’accordo di Lucca al 31 dicembre 2025. I tempi per portare a termine le operazioni di trasferimento, insomma, potrebbero non esserci. «La Francia – si legge infatti nel documento – si interroga sulla soluzione che l’Italia potrebbe proporre per garantire il rispetto degli impegni assunti nel protocollo di Lucca, nel caso in cui un qualsiasi imprevisto possa portare all’estensione dei termini per il completamento del Deposito Nazionale».
Dubbi decisamente legittimi, quelli del Ministero francese, visto che le procedure per la costruzione del Deposito sono ancora ferme alle battute iniziali. È attesa infatti ormai da tre anni la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad accogliere la struttura, la cosiddetta Cnapi, nelle mani dei ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, che dovrebbero dare il via libera alla pubblicazione e che invece continuano a tenerla chiusa in un cassetto. Lo scorso giugno il ministro dello sviluppo Carlo Calenda aveva annunciato la pubblicazione della Carta entro il quarto trimestre 2017, salvo poi correggersi rinviando a mezzo Twitter la pubblicazione a “prima delle elezioni”. Una garanzia che potrebbe non bastare a sciogliere i dubbi della Francia, scongiurando il rischio di nuovi scivoloni internazionali.