Delle 433mila tonnellate di rifiuti urbani (pericolosi e non) complessivamente esportate nel 2016 dall’Italia verso altri Paesi dentro e fuori dai confini europei, ben 103mila 352 tonnellate, la fetta maggiore equivalente al 23,9% del totale, è partita dalla Campania. Il dato emerge dal Rapporto rifiuti urbani 2017 pubblicato oggi dall’Ispra, e torna a sottolineare come il ciclo rifiuti in regione si regga tuttora anche sulla stampella dei conferimenti fuori dai confini regionali.
Si tratta principalmente, si legge nel dossier, di “altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani” (codice 191212), ovvero i rifiuti prodotti dal trattamento del pattume indifferenziato nei sei impianti regionali di tritovagliatura, e che non è stato possibile smaltire nel termovalorizzatore di Acerra. Circa 74mila le tonnellate che nel 2016, in virtù dell’elevato potere calorifico, sono finite in impianti di recupero energetico in giro per l’Europa. Di queste, infatti, 66mila tonnellate sono andate in Austria, circa 7mila in Bulgaria e le restanti 2mila tonnellate sono finite invece in impianti dei Paesi Bassi. Altre 23 tonnellate, invece, sono costituite da “parte dei rifiuti urbani e simili non destinata al compost” (codice 190501), ovvero la parte organica del rifiuto urbano indifferenziato, che in genere, dopo essere stata sottoposta ad essiccazione, viene utilizzata come terreno di copertura delle discariche. Anche questa, a causa della mancanza di siti di smaltimento attivi in Campania, ha preso la via del Brennero, finendo interamente in Austria.
Ma se, tra frazione secca e frazione umida, sono poco meno di 100mila le tonnellate di indifferenziato che la Campania ha esportato all’estero, quante sono invece quelle spedite verso altri impianti all’interno dei confini nazionali per fare fronte ad esigenze di smaltimento che non possono essere soddisfatte dal ciclo regionale? Il calcolo è presto fatto. Nel 2016 in Campania sono state prodotte circa un milione 272mila tonnellate di rifiuto urbano indifferenziato, avviate quasi per la totalità (un milione 224mila) a trattamento intermedio nei sette impianti Stir (equivalenti al ben più noto Tmb). Dal trattamento risultano prodotte circa un milione 133mila tonnellate di rifiuti da avviare a smaltimento in discarica (frazione umida stabilizzata) o incenerimento con recupero di energia. Di queste, 725mila 825 sono state avviate al termovalorizzatore di Acerra, mentre 102mila 186 risultano smaltite presso le discariche in via di esaurimento di Savignano Irpino (Avellino) e San Tammaro (Caserta).
Restano fuori 305mila 428 tonnellate. Che emendate a loro volta dalle quantità esportate all’estero, fanno 208mila 428 tonnellate, finite nel 2016 in discariche o inceneritori nelle varie regioni d’Italia. Complessivamente, insomma, tra l’export transfrontaliero e quello extraregionale, la Campania ha spedito a smaltimento fuori dai suoi confini poco meno di un quarto dei rifiuti indifferenziati raccolti nel 2016.
Cifre che rendono quanto mai necessaria una sana riflessione sulla capacità impiantistica regionale, sebbene la giunta guidata da Vincenzo De Luca abbia messo nero su bianco nel nuovo Piano rifiuti di voler ridurre la quantità di indifferenziato da smaltire facendo leva esclusivamente sulla raccolta differenziata, per passare dall’attuale 51% al “punto d’equilibrio”, come lo ha recentemente definito ai nostri microfoni l’Assessore regionale all’Ambiente Fulvio Bonavitacola, del 65%. Un piano ambizioso, da attuare in fretta. Perchè, nel frattempo, spedire il rifiuto lontano dagli occhi fa sì bene al cuore, ma fa meno bene alle tasche. Quelle di chi, per coprire gli esorbitanti costi di trasporto, è costretto a pagare ogni anno tariffe rifiuti da capogiro. Senza contare le sanzioni multimilionarie dell’Ue, figlie di una condanna scattata anche e soprattutto per la carente capacità di trattamento dei rifiuti in regione.