Secondo UNIRAU il sistema di responsabilità estesa del produttore nel settore tessile dovrà strutturarsi come un meccanismo di salvaguardia, che intervenga a supporto di tutta la filiera, in particolare della qualità ambientale delle diverse fasi, della legalità e dell’equilibrio economico delle attività in relazione alle fluttuazioni del mercato
Dal perimetro di responsabilità dei produttori ai costi di gestione, passando per il contributo ambientale e l’organizzazione delle attività di raccolta e selezione: sono solo alcuni dei nodi da sciogliere per mettere a punto un nuovo sistema di responsabilità estesa dei produttori (EPR) nel settore tessile, secondo UNIRAU. L’associazione delle aziende impegnate nelle attività di raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani ha inviato al Ministero della Transizione Ecologica e ai principali rappresentanti della filiera un position paper con la propria proposta in vista della futura emanazione dello schema di decreto che nei piani del Ministero dovrebbe introdurre il primo sistema EPR per l’Italia. Uno strumento tanto più necessario alla luce dell’entrata in vigore, da gennaio di quest’anno, dell’obbligo di raccolta differenziata e della prossima adozione della strategia europea di settore. Ma da costruire con attenzione.
“Obiettivo dell’associazione in questa fase delicata per il mercato che ha visto da pochi mesi l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta da parte dei Comuni – spiega Andrea Fluttero, presidente di UNIRAU – è mettere a disposizione della politica e degli stakeholder l’esperienza maturata dagli attori della filiera in questi decenni in vista del cambiamento che attende il settore del tessile post consumo alla luce della ‘Strategia europea per il tessile’, che punterà a promuovere la circolarità e la sostenibilità dei prodotti tessili, sostenendo altresì la selezione dei relativi rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio”. Per evitare di riversare eventuali deficit di gestione sulle fasi di raccolta e trattamento, spiega UNIRAU, è necessario partire da una chiara individuazione delle responsabilità, anche economiche, di produttori, importatori (compresi i canali on line) e degli altri soggetti della filiera, come intermediari, commercianti e distributori.
L’EPR, avverte l’associazione, non dovrà sostituirsi al sistema attualmente operante nei segmenti della raccolta, organizzata dai Comuni e affidata con gara pubblica, né tantomeno in quello della selezione, gestita dagli operatori autorizzati e finalizzata all’estrazione della parte valorizzabile destinata al riuso, nella misura in cui tali fasi riescano ad autosostenersi grazie al ricorso al mercato. Piuttosto, il sistema di responsabilità estesa del produttore dovrà strutturarsi come un meccanismo di salvaguardia, che intervenga a supporto di tutta la filiera, in particolare della qualità ambientale delle diverse fasi, della legalità e dell’equilibrio economico delle attività, quando i costi di gestione dei rifiuti siano superiori ai ricavi della vendita delle materie o dei beni riusabili da essi ottenuti, “in relazione alle fluttuazioni delle quotazioni delle commodities e alla disponibilità dei mercati di sbocco per il riuso e per i riciclati”, scrive UNIRAU. Una rete di protezione che eviti il fallimento delle imprese e le sue conseguenze ambientali, in termini di mancata raccolta o di smaltimento non a norma dei rifiuti tessili.
Un settore, quello dei rifiuti tessili, che ad oggi impiega oltre 6mila addetti. Secondo Ispra sono 143mila 300 le tonnellate di scarti raccolte nel 2020 in maniera differenziata, delle quali circa il 60%, composto da indumenti, scarpe e accessori di abbigliamento, è stato riutilizzato, il 30% è stato riciclato per ottenere pezzame industriale (10%) o materie prime seconde per l’industria tessile, imbottiture, materiali fonoassorbenti (20%) e solo il 10% è stato avviato a smaltimento in discarica.