Sono destinati ad allungarsi, e tanto, i tempi per la pubblicazione della Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito unico delle scorie radioattive. Almeno fino alla seconda metà del 2017. Non se ne avevano notizie da un po’ e alla fine ci ha pensato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, audito oggi in commissione bicamerale “Ecomafie”, a rompere il silenzio calato negli ultimi mesi sulla procedura di desecretazione del dossier, collocandola «tra il secondo e il terzo trimestre 2017». Ovvero nel periodo che dovrebbe intercorrere tra la fine della procedura Vas e l’approvazione definitiva del Programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito. Un iter, quello per la messa a punto del documento programmatico, che il ministro Calenda non ha negato essere stato caratterizzato in passato da «ritardi e criticità», costate tra l’altro all’Italia l’apertura di una procedura europea d’infrazione per mancata osservanza delle direttive Euratom. «Credo, tuttavia – ha però chiarito il ministro – che nelle ultime settimane si siano finalmente create le condizioni per riprendere un lavoro serio di approfondimento, confronto e garanzia».
Quanto alla Cnapi, le dichiarazioni di Calenda fanno registrare l’ennesimo rinvio della pubblicazione, sebbene il nulla osta congiunto dei Ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente alla desecretazione della Carta fosse atteso già nel settembre del 2015. Il dossier, insomma, è destinato a rimanere nei cassetti dei due dicasteri almeno per un altro anno. Con la pubblicazione, ha ricordato il ministro, si aprirà la delicata fase di confronto con le comunità locali per giungere alla scelta condivisa del sito su cui costruire il deposito. «Il tempo stimato per arrivare all’autorizzazione è di circa quattro anni e mezzo dalla definizione delle caratteristiche delle aree potenzialmente idonee, al netto di possibili ricorsi e ritardi» ha spiegato il ministro. A conti fatti, qualora le previsioni venissero rispettate il Deposito non dovrebbe entrare in funzione prima del 2025. Una volta operativo, il sito – la cui realizzazione costerà circa un miliardo e mezzo di euro, finanziati con la componente A2 della bolletta elettrica – potrà accogliere complessivamente ben 90mila metri cubi di scorie, 30mila dei quali (stando all’ultimo aggiornamento dei dati Ispra, datato 2013) derivanti dalle attività mediche, di ricerca ed industriali e dal decommissioning delle centrali nucleari, sono attualmente stoccati in 23 depositi temporanei da Nord a Sud della Penisola.
E se nella migliore delle ipotesi il deposito nazionale non vedrà la luce prima dei prossimi nove anni, già dal 2020 potrebbero invece rientrare in Italia le scorie radioattive ad alta intensità spedite in Francia ed Inghilterra per il riprocessamento, operazione che permette di separare i materiali riutilizzabili dalle scorie vere e proprie, che vengono poi avviate a vetrificazione. Si tratta dei 6mila metri cubi di combustibile irraggiato inviati all’impianto inglese di Sellafield e delle 235 tonnellate spedite invece su rotaia di là delle Alpi, nella centrale francese di Le Hague. Trasferimenti che nel 2014 avevano subito un momentaneo stop, durato circa un anno e mezzo, proprio a causa dei dubbi che le autorità francesi nutrivano sulla capacità dell’Italia di attrezzare per tempo il deposito nazionale. Impasse sbloccata poi dall’Italia a colpi di rassicurazioni. «Restano da spedire solo 13 tonnellate» ha specificato Calenda, annunciando un probabile aggiornamento del calendario delle spedizioni alla luce del ritardo causato dallo stop ai trasferimenti. Gli accordi internazionali prevedono il rientro dei materiali riprocessati in un periodo compreso tra il gennaio 2020 ed il dicembre 2025. Se al rientro delle prime scorie da Francia ed Inghilterra il deposito non dovesse ancora essere entrato in funzione, l’alternativa sarebbe lo stoccaggio provvisorio in uno dei depositi temporanei attrezzati nelle quattro centrali in via di dismissione.
E a proposito del processo di decommissioning dei vecchi impianti nucleari, che nei mesi scorsi aveva subito un pesante rallentamento a causa del terremoto che aveva coinvolto i vertici di Sogin (la società incaricata dello smantellamento delle centrali), Calenda si è detto convinto che la nomina del nuovo cda e del nuovo presidente avvenuta a luglio «darà all’azienda l’impulso necessario». Entro fine anno dovrebbero essere presentati il budget 2017, il nuovo Piano quadriennale e il nuovo Piano industriale. Novità anche sul fronte Isin, l’Ispettorato per la sicurezza nucleare costituitosi formalmente nell’ottobre del 2014 ma mai divenuto operativo. Dopo aver archiviato definitivamente la procedura per la contestatissima nomina di Antonio Agostini a direttore generale, lo scorso agosto il governo ha scelto di puntare su Maurizio Pernice, direttore generale del Ministero dell’Ambiente. Nelle prossime settimane la proposta dovrà passare al vaglio di Camera e Senato. Proprio la mancata entrata in funzione dell’Isin è uno dei motivi che impediscono la pubblicazione della Cnapi, visto che per legge il nulla osta ministeriale alla desecretazione del dossier potrà essere rilasciato solo dopo aver ottenuto il parere dell’Istituto.