Cantieri di bonifica fermi, un nuovo Piano rifiuti che tarda a decollare, un ciclo integrato ancora troppo fragile per potersi dire al riparo dal pericolo di nuove emergenze. Questo lo scenario che da oggi fino a venerdì farà da sfondo alla nuova missione in Campania della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. La quarta, dopo quelle già dedicate al ciclo delle acque, alla questione ecoballe e alle bonifiche a Bagnoli e Napoli Est. «Oggi siamo in Campania per un approfondimento sul ciclo dei rifiuti – chiarisce il presidente della Commissione, On. Alessandro Bratti – focalizzandoci sugli impianti attualmente operativi e su quelli che in passato sono stati protagonisti delle varie emergenze rifiuti. Ascolteremo comitati, amministratori locali, procure e cercheremo di fare il punto della situazione per chiudere definitivamente la nostra attività ispettiva».
Prima tappa della missione la discarica di Chiaiano, l’invaso che dal 2009 al 2011, in piena emergenza rifiuti, ha accolto il pattume urbano della città di Napoli tra le accese proteste dei residenti. A metà 2016 era stato aggiudicato l’appalto dal valore di circa 2 milioni 200mila euro per la messa in sicurezza definitiva del sito. I lavori però, complice il fallimento della ditta appaltatrice, sono fermi al palo. Difficile possa essere rispettata la data di fine lavori fissata alla metà del 2018.
«È stata effettuata una copertura parziale del sito con teli impermeabilizzanti, ma per quanto riguarda la sistemazione definitiva c’è ancora parecchio lavoro da fare – spiega Bratti – dal terrazzamento per la messa in sicurezza alla copertura con il terreno vegetale. Per non parlare del fatto che, dal punto di vista burocratico, al momento la discarica non risulta chiusa ma con “autorizzazione sospesa”. Anche su quel fronte occorrerà fare un po’ più di chiarezza. Ad ogni modo, non credo la scadenza al 2018 possa essere rispettata».
Una sorte simile a quella toccata alla ex Resit di Giugliano, la discarica diventata simbolo della devastazione ambientale in Campania. Anche lì i lavori per la messa in sicurezza definitiva del sito sono fermi nell’attesa che i giudici amministrativi vengano a capo di una controversia sorta tra le imprese aggiudicatrici dell’appalto. «Sulla Resit non c’è nessun allarme – prova però a minimizzare l’On. Giovanna Palma, membro della Commissione, che nei giorni scorsi aveva sollevato la questione in un question time alla Camera rivolto al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – dal 2016 i lavori sono ripartiti e risultano completati al 40%, come ribadito dal ministro e come noi stessi abbiamo potuto verificare sul posto. Credo che le cose stiano finalmente andando per il verso giusto».
Proprio a Giugliano, non lontano dalla ex Resit, la Commissione ha fatto visita ad uno dei sei impianti di tritovagliatura Stir attivi in Regione, unica forma di impiantistica pubblica deputata alla gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, ad eccezione del termovalorizzatore di Acerra. Negli Stir il rifiuto tal quale viene separato in frazione secca e frazione umida, con la prima che finisce ad Acerra e la seconda che, causa mancanza di impianti sul territorio, viene spedita in discariche fuori regione. «Lo Stir non è un impianto di selezione né tanto meno un impianto dal quale si recupera materia, ma serve solo a separare l’umido dal secco. Una concezione un po’ vecchia della gestione dei rifiuti – osserva Bratti – seppure in linea con gli standard di settore».
Nel futuro dello Stir di Giugliano pare però profilarsi un cambio di destinazione d’uso, seppur parziale. Secondo i piani del governatore regionale Vincenzo De Luca, infatti, l’impianto, così come gli altri cinque siti gemelli, dovrebbe essere revampizzato ed entro il 2018 messo in condizione di trattare circa 30mila tonnellate di rifiuti organici da raccolta differenziata, garantendo la produzione di compost e biogas in linea con le previsioni del nuovo Piano rifiuti regionale. Costo complessivo dell’operazione, per tutti e sei gli impianti, circa 55 milioni di euro. L’iter, però, procede con il passo lento della burocrazia e il cronoprogramma degli interventi, che prevedeva l’espletamento delle gare d’appalto entro agosto 2017, non è stato rispettato, facendo slittare il termine dei lavori dal previsto agosto 2018 a data da destinarsi. «Questo è un tema sul quale nei prossimi giorni dovremo confrontarci con la Regione – dice Bratti – anche se i tecnici dell’impianto ci hanno garantito che le questioni amministrative sono già state esperite. Il progetto pare stia andando avanti».
Vedremo. Nel frattempo, l’umido raccolto in maniera differenziata – circa 750mila tonnellate l’anno delle quali solo una quota tra le 56mila e le 190mila tonnellate viene trattata in Campania – continua a viaggiare verso impianti fuori regione, con costi di trasporto esorbitanti che pesano sulle tariffe rifiuti e quindi sulle tasche dei cittadini. Insomma, a più di due anni dalla prima missione della Commissione, nel lontano settembre 2015, poco o nulla pare essere cambiato. La Campania dei rifiuti resta un territorio in chiaroscuro, sospeso a metà strada tra la necessità di sanare i guasti del passato – dalla devastazione figlia dei traffici ecomafiosi alla pesante eredità delle emergenze rappresentata plasticamente dai milioni di tonnellate di ecoballe ancora da smaltire – e il tentativo di gettare le basi per un futuro all’insegna dell’efficienza e della sostenibilità. Senza dimenticare le sanzioni imposte dall’Ue, un salasso quotidiano al quale nessuno finora è stato in grado di porre un argine.