Costi dell’energia e vincoli alle esportazioni di materia end of waste mettono a repentaglio la competitività, e l’esistenza stessa, delle imprese europee del riciclo. L’appello di Unirima, Assorimap, Assofermet ed EuRIC
La crisi energetica alimentata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia continua a colpire i bilanci delle imprese europee del riciclo, gettando un’ombra minacciosa sul percorso degli Stati membri dell’UE verso gli ambiziosi obiettivi di circolarità. “In questo momento la crisi energetica sta mordendo le nostre aziende, che hanno bisogno di molta energia per processare i materiali” spiega Cinzia Vezzosi, vice presidente di Assofermet. Servono interventi a livello nazionale e comunitario per rendere i costi dell’energia sostenibili per le imprese e tutelare la competitività delle aziende del riciclo. Questo l’appello lanciato a Ecomondo nel corso di un workshop promosso da Assofermet, Assorimap e Unirima, le tre associazioni nazionali del riciclo di metalli ferrosi e non ferrosi, plastica e carta, riunite nella federazione europea EuRIC. “È assolutamente essenziale che l’industria europea del riciclo sia aiutata a fronteggiare la crisi energetica, se vogliamo essere in grado di affrontare la transizione verso l’economia circolare – sottolinea il presidente di EuRIC Emmanuel Katrakis – il supporto delle istituzioni nazionali ed europee è assolutamente indispensabile per garantire che le bollette a fine mese siano sostenibili, o non saremo più capaci di restare competitivi in Europa e fuori dall’Europa”.
Una situazione a tratti paradossale. “La ‘carbon footprint’ delle nostre imprese è verde – ricorda Katrakis – visto che le nostre attività aiutano a ridurre CO2 e consumi di energia“. Secondo l’italiana Assorimap per ogni tonnellata di plastica riciclata si risparmiano 1,9 tonnellate di petrolio e 3mila kWh di energia elettrica, ma se in condizioni ordinarie la bolletta elettrica rappresenta circa il 15-20% dei costi operativi totali, oggi l’aumento del 400% del prezzo dell’energia ne fa la principale voce di costo. Rincari che si ribaltano sui valori dei polimeri riciclati e quindi sulla loro competitività, che da sempre fatica a tenere il passo dei tipicamente più economici materiali vergini derivati dal petrolio. “Oltre a patire l’impennata delle bollette – ha chiarito il presidente di Assorimap Walter Regis – oggi le imprese del riciclo devono anche fare i conti con l’invasione di polimeri vergini prodotti in Asia a costi azzerati”. Anche perché se il riciclo cresce, spinto dai maggiori investimenti messi in campo dalle imprese, lo stesso non si può dire della domanda europea di materia riciclata. A oggi, rimarcano i riciclatori, appena il 12% dei materiali utilizzati dalle industrie e manifatture dell’UE proviene dal riciclo. Tutto quello che l’UE non assorbe viene inviato verso Paesi terzi, soprattutto nel far east: 17,4 i milioni di tonnellate di rottami in ferro esportati nel 2020 secondo Eurostat, seguiti da 6,1 di carta da macero, 2,4 di plastica. Destinazione principale per rottami e plastica la Turchia, mentre per la carta il primato va all’India seguita dall’Indonesia.
Tutto questo mentre prosegue il confronto tra istituzioni UE sulla proposta di modifica del regolamento sulle esportazioni di rifiuti presentata lo scorso anno dalla Commissione. Per gli operatori del riciclo il rischio è che, di fronte allo squilibrio tra domanda e offerta interna, il giro di vite alle spedizioni extra UE disegnato da Bruxelles, che non tiene conto della differenza tra rifiuti e materia riciclata ‘end of waste’, possa tradursi in un surplus sul mercato dell’Unione e in un conseguente crollo delle quotazioni dei materiali tale da compromettere la sostenibilità economica delle attività di riciclo. “Siamo al corrente del fatto che attualmente la capacità industriale non sia sufficiente ad assorbire tutti i rifiuti che vengono riciclati in Europa – chiarisce Mattia Pellegrini, capo unità della Direzione Generale economia circolare della Commissione UE – da questo punto di vista il nuovo regolamento può essere anche l’opportunità per fare ancora più pressione sugli Stati membri”. Parole che accolgono solo in parte gli appelli delle imprese del riciclo, che se da un lato chiedono all’UE di sancire obiettivi vincolanti per l’uso di materiali riciclati in prodotti intermedi come metalli, carta e plastica, dall’altro rimarcano la necessità di preservare i canali dell’export internazionale per ‘commodity’ come il rottame, la carta da macero e le plastiche selezionate. “Riteniamo che nelle prossime settimane il tema dei mercati delle materie prime da riciclo debba essere messo al centro del dibattito europeo – chiarisce Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima – insieme ai temi della concorrenza e della competitività per le imprese europee dell’economia circolare”.
1 Commento su "Riciclo, imprese europee a rischio tra costi energetici e limitazioni all’export"