Camillo Piazza, Presidente del Consorzio di Imprese, Ecocarbon, ci fa conoscere meglio la differenza tra il CSS (Combustibile Solido Secondario) ed il CSS-Combustibile, che spesso ai non addetti ai lavori sfugge. Infatti in Italia, quando è stato emanato il decreto n. 22 del 2013, non si è pensato di chiamare il CSS Combustibile in un altro modo e questo ha creato non poca confusione.
Il presidente Piazza spiega: «Mentre il Css rimane un rifiuto, il CSS Combustibile non lo è, nel senso che deve corrispondere ad un disciplinare con delle caratteristiche di un materiale che non ha niente più a che vedere con un rifiuto. Per fare un esempio il cloro ed il mercurio devono essere nulli. Questo prodotto ha le stesse caratteristiche, come potere calorico, del coke e del carbone ma ne migliora la qualità nel senso che ha impatti ambientali molto meno inquinanti rispetto ai combustibili fossili a partire da -20% circa». Questo è dimostrato con delle prove “in campo” fatte da tutti i maggiori paesi europei (Germania, Austria, Norvegia, Svezia, Olanda, etc.). In Italia, l’Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania (Arpac) ha verificato la bontà del prodotto, quindi dalle ecoballe stoccate negli anni dell’emergenza (tra 2000 e 2009) si può produrre CSS Combustibile e come dimostrato anche dall’ISPRA, si può recuperare un prodotto che va a sostituire egregiamente il carbone. Naturalmente lo scarto del 20-25% potrà essere utilizzato in un impianto di incenerimento, come quello di Acerra.
Una volta ottenuto il prodotto, l’utente finale può essere chiunque abbia bisogno di combustibile fossile. «In Italia – continua Camillo Piazza – non serve costruire altri inceneritori poiché, le centrali termiche che utilizzano carbone e gas (un fabbisogno stimati in circa 24 milioni di tonnellate), possono sostituirli almeno per il 60% con il CSS Combustibile. Vuol dire che al posto del carbone si possono utilizzare circa 10 milioni di CSS prodotto. Con due vantaggi: ridurre l’emissione di C02 e un grosso risparmio economico».
Piazza condivide il punto di vista degli operatori del settore rifiuti quando lamentano spesso una normativa di riferimento lacunosa e piena di ostacoli burocratici: «Purtroppo esistono tantissimi enti di controllo che non dialogano tra loro, e questo ha portato alla soluzione di inviare parte delle ecoballe all’estero». Una soluzione che non è stata affatto accantonata dal piano De Luca, che negli scorsi giorni ha ottenuto il finanziamento dei primi 150 milioni stanziati dal Governo, che si è messo a lavoro per risolvere la drammatica situazione della Terra dei fuochi. «Il prezzo base d’asta è 150 euro a tonnellata, Vincenzo De Luca vuole portarne all’estero circa un milione di tonnellate: questo produrrà due conseguenze negative. La prima è che i soldi stanziati finiranno subito con il primo trasporto e non rimarranno fondi per l’immediato (parlo del ciclo ordinario che vede 1.600 tonnellate di rifiuti campani in viaggio ogni giorno). La seconda e che “regaleremo” alle centrali elettriche estere il CSS Combustibile che utilizzeranno al posto del carbone e ci ringrazieranno perché in più li paghiamo pure».
La Terra dei fuochi, trascurata per troppo tempo ha bisogno urgentemente di una grande campagna di comunicazione: «La gente deve sapere cosa succede negli impianti in Italia. Bisogna fare informazione attraverso canali dedicati, creare partecipazione attiva dei cittadini e consapevolezza di chi vive sul territorio. Occorre un valido piano industriale che possa servire a risolvere il problema delle ecoballe. Si dovrà gestire la cosa in maniera intelligente istituendo comitati di controllo, utilizzando i lavoratori socialmente utili e sperando che questo “cancro” dell’emergenza rifiuti possa essere finalmente sconfitto».