Negli ultimi trent’anni registrato un taglio da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente
Più energie rinnovabili e meno carbone: in sintesi è questo lo scenario che ha caratterizzato gli ultimi trent’anni, segnando un calo del 19% di emissioni di gas serra nel 2019 rispetto al 1990 e del 2,4% rispetto al 2018, passando, quindi, da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Sono questi i dati forniti dai due studi presentati da Ispra, il National Inventory Report 2021 e l’Informative Inventory Report 2021, rappresentazione del quadro globale della situazione italiana sull’andamento dei gas serra dal 1990 al 2019. Un segnale certamente positivo che mostra la capacità del sistema produttivo italiano di andare verso la giusta direzione, ma non è certo tempo di festeggiare. Nei prossimi trent’anni, infatti, ci aspetta uno sforzo maggiore per riuscire a raggiungere il virtuoso obiettivo europeo della neutralità carbonica entro il 2050, introdotto dalla legge europea sul clima sulla quale nella giornata di ieri è stato trovato l’accordo tra Parlamento e Consiglio dell’Ue.
“È una sfida importante arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Questo significa rivedere anche tutta la nostra pianificazione – spiega Alessandro Bratti, Direttore Generale ISPRA – compreso il Piano nazionale energia e clima. Sicuramente, quegli obiettivi non si raggiungono solo ed esclusivamente attraverso un importante rinnovamento tecnologico: da un lato è sicuramente necessario intervenire sulle tecnologie, dall’altro sfruttando il digitale e una consapevolezza maggiore che molto probabilmente soprattutto dopo la pandemia si è sviluppata nel mondo, forse è più facile far accettare alcuni comportamenti rispetto al passato”.
Un calo, quello registrato negli ultimi anni, dovuto alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare idroelettrico ed eolico, con un incremento dell’efficienza energetica nei settori industriali e un’importante riduzione dell’uso di carbone. Dai report, infatti, si evince una considerevole diminuzione delle emissioni provenienti dal settore delle industrie energetiche che nel 2019 calano del 33% rispetto al 1990, a fronte di una crescita della produzione di energia termoelettrica da 178,6 TWh a 195,7 TWh e dei consumi di energia elettrica da 218,7 TWh a 301,8 TWh. “Per quanto riguarda le emissioni provenienti dal settore delle industrie energetiche, queste scendono di oltre il 30% e a fronte di questa diminuzione – aggiunge Daniela Romano, ISPRA – si osserva un aumento della produzione di energia termoelettrica e anche dei consumi di energia elettrica, quindi la riduzione è dovuta a un uso maggiore di fonti rinnovabili. A scapito dei solidi e dei prodotti petroliferi, sono aumentate notevolmente tutte le fonti rinnovabili, dall’idroelettrica alla geotermica e dall’eolica alla fotovoltaica, comportando una notevole diminuzione dell’intensità di CO2”.
Nonostante un segnale positivo delle industrie energetiche, quest’ultimo settore, insieme a quello dei trasporti resta responsabile di circa la metà delle emissioni nazionali di gas climalteranti. Seguono il settore dei processi industriali con l’8,1% e dell’agricoltura con il 7,1% delle emissioni totali, mentre il settore dei rifiuti contribuisce con il 4,3%. “I rifiuti scontano ancora un aumento delle emissioni dovuto ai conferimenti in discarica nei precedenti anni, ma bisogna dire – continua Daniela Romano, ISPRA – che nonostante il continuo aumento della produzione di rifiuti, l’ammontare che è finito in discarica è notevolmente diminuito, a favore di un aumento di rifiuti inceneriti, di quelli trasformati in compost e sottoposti ad altri trattamenti meccanici e biologici, e anche all’espandersi della raccolta differenziata. Senza dimenticare l’aumento in questo settore del recupero di metano che ha garantito un’ulteriore riduzione delle emissioni“.
E secondo le stime analizzate nei report, il settore dei rifiuti sul lungo periodo dovrà dare il suo contributo alla riduzione delle emissioni, passando da 17 milioni di tonnellate nel 1990 a 13 milioni di tonnellate previste entro il 2030, per arrivare alla quota di 8 milioni di tonnellate entro il 2050. Quanto all’anno appena trascorso, segnato dalla pandemia, i primi dati indicano un trend positivo. “Gli obiettivi che erano stati stabiliti per il 2020 sono stati già tutti raggiunti e lo sarebbero stati a prescindere dal verificarsi della crisi”, spiega Emanuele Peschi, ISPRA. Le emissioni, dunque, continuano a calare e non solo a causa delle restrizioni alla mobilità dovute al covid-19 su tutto il territorio nazionale, spiega ISPRA, che si attende una notevole diminuzione di emissioni di gas serra in atmosfera, inferiori del 9,8% rispetto al 2019 a fronte di una riduzione prevista del PIL pari all’8,9%.
Tale stima è la conseguenza diretta di una riduzione di emissioni per la produzione di energia elettrica del 12,6% per la minore domanda di energia e deriva da un calo dei consumi energetici anche negli altri settori, industria (-9,9%), trasporti (-16,8%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano e riscaldamento (-5,8%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali. E dunque, per vincere la sfida alla crisi climatica e raggiungere la neutralità emissiva al 2050 – sottolinea l’Ispra – “Tutti i settori saranno chiamati nei prossimi 30 anni a fornire un contributo estremamente rilevante che va ben oltre quanto previsto dal Piano nazionale energia e clima, con impatti significativi sulla vita di tutti i cittadini, a cominciare dalle modalità di trasporto”.