Protagonismo delle città, fonti rinnovabili, mobilità sostenibile, più economia circolare e meno carbonio: sono questi i temi al centro della Carta firmata dalle 45 città impegnate nella lotta al climate change
Fare delle città il motore verde del percorso verso la decarbonizzazione. È questo in sostanza l’obiettivo a cui aspira la Carta per la neutralità climatica, un pacchetto di circa 40 misure a sostegno del cammino che le 45 città firmatarie si impegneranno ad intraprendere per vincere la lotta al cambiamento climatico. Sono proprio le città, infatti, ad essere responsabili di oltre il 70% di emissioni di gas serra e per far fronte a questi danni ammontano a circa 11,42 miliardi i fondi spesi in Italia dal 2013. Ma la transizione verso la neutralità climatica richiede un salto di qualità per raggiungere gli ambiziosi target del meno 55% di emissioni al 2030 e neutralità climatica al 2050.
«La sfida della neutralità climatica è un impegno decisivo per il futuro delle città. Il clima è una questione che riguarda tutte le città. Sappiamo bene come gli impatti di questa crisi climatica siano molto forti e già visibili nelle città e possono avere un esito catastrofico se non interveniamo. La sfida è anche un’occasione di riqualificazione ecologica. E non dimentichiamo che stiamo valutando le possibilità di interventi, investimenti, iniziative che sono un’occasione di miglioramento dello sviluppo locale e del benessere dei cittadini» spiega Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
Il piano strategico, realizzato dal Green City Network, la rete promossa da Fondazione Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con il GSE e con il supporto di CONOU, è stato presentato in occasione della IV Conferenza Nazionale delle green city per dare supporto alle città nel percorso verso un concreto modello di sostenibilità. Le misure messe in campo spaziano dai fondi del PNRR da spendere in progetti volti alla rigenerazione delle città; dall’elettrificazione della mobilità urbana a nuovi modelli circolari che mirino a recupero e riutilizzo dei rifiuti. Compito delle amministrazioni comunali sarà quello di definire progettazioni integrate, indispensabili per mettere in campo interventi di riqualificazione urbana ed energetica, volti a ridurre i consumi complessivi di energia entro il 2030 di almeno il 15% rispetto a quelli pre-pandemia e tagliando di circa il 40% i consumi di combustibili fossili per arrivare al 40% di fonti rinnovabili a fine decennio con le rinnovabili elettriche che dovranno coprire il 70% della produzione.
Il ruolo delle città sarà decisivo nella delicata fase della transizione verde per cambiare anche le abitudini dei cittadini, sempre troppo dipendenti dalle proprie automobili con tutti i rischi che ne derivano per l’ambiente. Non bisogna dimenticare, infatti, che il trasporto stradale è responsabile del 90% delle emissioni del settore. E sempre di abitudini si parla anche quando si arriva al capitolo rifiuti. Alle città, infatti, spetterà il compito di potenziare nei propri Comuni la raccolta differenziata per facilitare i processi di riciclo dei rifiuti prodotti. E anche i cittadini in questo percorso dovranno dare il proprio contributo, chiamati a un consumo consapevole che non danneggi il clima.
«Abbiamo una serie di obiettivi per il 2030 perché se non è vero che abbiamo solo 10 anni per risolvere questo problema, è vero che abbiamo 10 anni per mettere in opera le politiche giuste che ci porteranno fra 30 anni alla neutralità climatica. Non abbiamo tempo da perdere, questi 10 anni saranno cruciali per fare le scelte giuste in materia di energia, industria, mobilità e uso della terra» spiega Mauro Petriccione, direzione generale clima Commissione Europea.
La terra, patrimonio inestimabile da tutelare e proteggere, alleata delle città nella sfida alla riduzione di carbonio. Entro il 2050, infatti, gli assorbimenti di CO2 nei suoli e nei sistemi forestali dovrebbero almeno raddoppiare rispetto ai livelli attuali per consentire un bilancio di emissioni nette pari a zero. In questo le città dovranno impegnarsi per azzerare il consumo di nuovo suolo, facendo fronte ai fabbisogni mediante il recupero di aree già urbanizzate e la bonifica di quelle degradate, aumentando così la capacità delle infrastrutture verdi di essere serbatoi di stoccaggio di CO2.