In Italia il 19,5% delle risorse utilizzate nei cicli produttivi viene dal riciclo, ma l’obiettivo del disaccoppiamento è ancora lontano. Nel 2018 prodotti 1850 kg pro capite di rifiuti
È ancora lunga e in salita la strada per raggiungere gli ambiziosi obiettivi ONU dell’Agenda 2030. Nove anni non sono tanti e l’Italia dovrà mettere in campo maggiori sforzi per migliorare le sue strategie, specie in materia di rifiuti. Perché se è vero che ne ricicliamo tanti, è altrettanto vero che ne produciamo ancora troppi. Lo confermano i dati dell’ultimo rapporto Eurostat sui progressi dei Paesi Ue nel percorso verso i target di sviluppo sostenibile, in particolare quelli relativi all’obiettivo 12 su “Consumo e produzione responsabili”. Nel 2018, infatti, l’istituto europeo di statistica ha registrato in Italia una produzione di rifiuti pari a 1850 kg pro capite, che sebbene in linea con la media europea di 1828 kg pro capite risulta di gran lunga superiore rispetto a quelle registrate in Spagna (1540 kg) e Francia (1515 kg).
Bene, ma non benissimo, insomma. Dal 2010 al 2018, Eurostat certifica infatti una crescita costante dei livelli di produzione media pro capite di rifiuti: dai 1674 kg del 2010 ai 1709 kg pro capite nel 2012. Dopo due anni, ancora numeri in crescita con 1751 kg pro capite nel 2014 e 1796 kg pro capite nel 2016. Cifre che confermano quanto l’obiettivo di decoupling, ossia il disaccoppiamento tra la produzione di rifiuti e la crescita del PIL, risulti ancora lontano. Segnali positivi però arrivano sul fronte della gestione efficiente delle risorse, dove aumenta il tasso di produttività a parità di quantità consumate nei cicli produttivi: dai 2,8 euro per kg del 2012 l’Italia è passata infatti ai 3,5 euro del 2019, ben al di sopra della media Ue di 2,08 euro, cresciuta a sua volta del 7,1% rispetto al 2014.
Per un’Italia che non riesce a distinguersi sul piano della riduzione della produzione dei rifiuti ce n’è un’altra che invece si conferma tra i Paesi leader in Ue: quella che utilizza materiali riciclati nei propri cicli produttivi. Una crescita costante, quella registrata da Eurostat per il nostro Paese, che dal 2013, anno in cui il cosiddetto ‘tasso di sostituzione’ era pari al 16%, non ha mai subito battute d’arresto. Nel 2019 con il 19,5% di materia riciclata utilizzata in sostituzione della materia prima vergine l’Italia si posiziona a un passo dal podio, preceduta solo dalla Francia, che la supera di mezzo punto con il 20% di materiali riciclati, dal Belgio con il 24,2%, e dall’Olanda, al primo posto con il 30% di materiali riciclati sostituiti alle risorse naturali. Un tasso di circolarità che vede il nostro Paese ampiamente al di sopra della media europea, che nel 2019 si attesta all’11,8%. Performance da autentica eccellenza dell’economia circolare, alle quali da qui ai prossimi nove anni occorrerà però associare maggiori investimenti sulle politiche di riduzione della produzione dei rifiuti. C’è ancora tanto da migliorare, ma la strada è sicuramente quella giusta. Ultima nota in chiaroscuro quella sul contributo dei beni e servizi della green economy al Prodotto interno lordo. Sostanzialmente invariato a livello europeo, dal 2,25% del 2012 al 2,27% del 2018, sotto la media e addirittura in leggero calo il dato italiano, passato dall’1,9% del 2014 all’1,87% del 2018.