Studio sul campo e maggiore consapevolezza per favorire la crescita dei futuri specialisti della sostenibilità: è così che anche gli impianti di gestione dei rifiuti diventano autentici laboratori formativi di green economy
Se i green jobs sono le professioni del futuro, gli impianti di gestione dei rifiuti stanno diventando già oggi veri e propri luoghi di formazione. Autentici laboratori dove, tra capannoni e macchinari, formare le competenze dei futuri specialisti della sostenibilità. Come Francesco Robustelli, studente del dipartimento di Ingegneria per l’ambiente e il territorio dell’Università di Napoli Federico II, che insieme ad altri colleghi ha avuto l’occasione di visitare un impianto di trattamento della frazione organica in provincia di Napoli. “Gli impianti di compostaggio sono importanti per garantire una gestione integrata dei rifiuti. Grazie a questi impianti – dice Francesco – si può ottenere dai rifiuti nuova materia prima o energia pulita. Al di là dell’impianto, però, è fondamentale diffondere maggiore consapevolezza per favorire l’economia circolare“.
Dalla teoria alla pratica: aprire gli impianti ai professionisti del domani significa dargli la possibilità di entrare nel cuore dei processi industriali di gestione dei rifiuti, indispensabili per la corretta chiusura del ciclo, ma anche capaci di trasformare gli scarti in nuova risorsa nel segno dell’economia circolare. “Per i cittadini, ma soprattutto per gli studenti è necessario toccare con mano il trattamento degli scarti. Il rifiuto non è l’ultima catena del processo di trasformazione, perché è dai materiali di scarto che si può recuperare nuova materia prima da reintrodurre nel ciclo produttivo” spiega Vincenzo Mignano, studente del dipartimento di Ingegneria per l’ambiente e il territorio dell’Università di Napoli Federico II.
Come accade in un impianto di trattamento dei rifiuti organici, forse il più nobile esempio di impianto di recupero, dove la transizione ecologica incontra quella energetica. Una parte degli scarti viene trasformata in energia elettrica da biogas o in biometano attraverso un processo di digestione anaerobica di biomasse, la restante parte, invece, in compost, fertilizzante naturale utile per l’agricoltura, tanto più prezioso alla luce del conflitto in Ucraina, che ha alimentato rincari da record sul mercato dei principali concimi di sintesi. Una soluzione circolare su cui puntare per ripensare le nostre strategie di approvvigionamento. “Il compost è ciò che di più importante si possa ottenere con il rifiuto organico biodegradabile” dichiara Massimiliano Fabbricino, professore di Energia dai rifiuti ed economia circolare dell’Università Federico II di Napoli. “Gli impianti di trattamento della frazione umida – continua – non hanno alcun tipo di impatto sulla salute dell’uomo e dell’ambiente. Inoltre, ci consentono di avere un prodotto che può essere riutilizzato in agricoltura per aumentare la fertilità dei suoli in un’ottica di economia circolare. Anche in vista della carenza di sostanze naturali e di fertilizzanti prodotti dalle industrie, che nell’ultimo periodo stanno subendo un forte aumento dei prezzi”.
Maggiore consapevolezza e più formazione sul campo: un connubio fondamentale per superare i pregiudizi e costruire le competenze indispensabili per le grandi sfide del nostro tempo, dal cambiamento climatico al rapido esaurimento delle risorse naturali. “È necessario che tutti sappiano apprezzare il valore di impianti di questo tipo – aggiunge Vincenzo Mignano – perché il recupero ormai è una necessità. Non è solo l’Europa a chiederlo, non sono solo le giovani generazioni. È fondamentale per il Sud, in particolare per Napoli e la Campania, recuperare risorse economiche per dare nuovo slancio a un’economia povera di impianti di gestione dei rifiuti“.