Stop alle esportazioni di plastiche pericolose o non riciclabili verso i Paesi meno sviluppati, ma anche regole più severe per i materiali destinati a riciclo. Il 2021 dei rifiuti si apre con il giro di vite dell’Ue sulle spedizioni di scarti plastici, operativo dal primo gennaio. “Un chiaro segnale – dice il commissario all’ambiente Sinkevicius – che i Paesi dell’Unione hanno deciso di assumersi la piena responsabilità dei rifiuti che producono. Una pietra miliare – aggiunge nella lotta all’inquinamento da plastiche, ma anche un importante passo in avanti nell’attuazione del Green Deal europeo e del piano d’azione per l’economia circolare”.
Le nuove regole, adottate lo scorso ottobre, vanno a modificare la Convenzione di Basilea sulle movimentazioni di rifiuti pericolosi e prevedono la messa al bando delle esportazioni verso i Paesi non-OCSE delle plastiche pericolose o non riciclabili, che invece potranno essere esportate verso i Paesi OCSE, importate in Ue o scambiate tra Stati membri solo a seguito di una specifica procedura autorizzativa. Allo stesso tempo, le plastiche pulite e riciclabili saranno esportabili verso gli Stati non-OCSE solo se rispettano la legislazione vigente nel Paese di destino. Una decisione che impatta su un flusso di rifiuti che nel 2019, secondo l’Ue, ha raggiunto volumi impressionanti: circa 1,5 i milioni di tonnellate di scarti plastici esportati dall’Ue, principalmente verso la Turchia e Paesi del Far East come Malesia, Indonesia e Vietnam.
Drasticamente ridimensionato il flusso di rifiuti verso la Cina, a seguito dello stop di Pechino all’import di rifiuti plastici operativo già dal gennaio 2018. Secondo Greenpeace, dalle 12 milioni 500mila tonnellate di rifiuti in plastica spedite in Cina nel 2016 dalle 21 maggiori nazioni esportatrici si è passati nel 2018 a poco meno di 6 milioni: ovvero il 49% in meno. L’Italia con le sue 200mila tonnellate spedite fuori dai confini nazionali nel 2018 risultava all’undicesimo posto tra i principali esportatori di rifiuti plastici al mondo, per un giro d’affari di 58,9 milioni di euro. Sempre secondo Greenpeace negli ultimi anni, si legge nel dossier, si nota un aumento dell’export verso la Romania (+385 per cento di variazione tra il 2017 e il 2018) e la Slovenia, che lo scorso anno ha importato ben l’8 per cento dei nostri scarti plastici, per un valore di 3,7 milioni di euro. Destinazioni verso le quali, con l’entrata in vigore delle nuove regole Ue, sarà sempre più difficile spedire i rifiuti che non riusciamo, o non vogliamo, trattare a casa nostra. Senza dimenticare che a partire dal 1 gennaio è in vigore la nuova plastic tax europea, nata per finanziare il Piano Next Generation Eu, che costerà agli Stati membri 800 euro per ogni tonnellata di rifiuti da imballaggio in plastica non avviati a riciclo. Un ulteriore incentivo a ridurrne la produzione e aumentare la capacità strutturale di riciclo.
Un piccolo grande segno che noi come società civile organizzata possiamo cambiare il mondo. Grazie amici di Greenpeace.