Nell’ultimo position paper il Laboratorio Ref Ricerche passa in rassegna luci e ombre della nuova Strategia Nazionale sull’Economia Circolare, che dovrà essere adottata entro il 30 giugno 2022. “Le linee guida pubblicate dal MiTe sono un buon punto di partenza – si legge – ora servono chiare indicazioni di policy”
Le due principali riforme di comparto previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potranno garantire “il salto di qualità per il settore dei rifiuti”, ma solo a patto di favorire “la formazione di un framework di regole più certe che aiutino l’azione degli operatori pubblici e privati nelle diverse filiere del ciclo di gestione”. Senza dimenticare che se prima non si definiscono con precisione tempi e risorse per l’attuazione, anche la migliore delle riforme rischia di restare tutta o quasi sulla carta. È il monito lanciato dal Laboratorio Ref Ricerche nel suo ultimo position paper dedicato alla nuova Strategia Nazionale sull’Economia Circolare, che insieme al Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti rappresenta il nucleo delle riforme settoriali disegnate dal PNRR, da adottare entrambe entro il 30 giugno 2022.
Al momento, ricorda Ref, della Strategia si conoscono solo le linee programmatiche poste in consultazione dal Ministero della Transizione Ecologica nell’autunno dello scorso anno, nelle quali si individuano cinque aree di intervento: ecodesign, ecoprogettazione, bioeconomia, blue economy e materie prime critiche. Tra le misure allo studio del Ministero anche un sistema di incentivi fiscali alle attività di riciclo e il rafforzamento di strumenti come end of waste e Green Public Procurement. “Un buon punto di partenza” scrive Ref, secondo cui però “la fase decisiva verso cui si sta avviando la riforma richiede di far emergere quelle indicazioni di policy, utili affinché la Strategia possa essere ulteriormente migliorata, superando annose questioni per guardare al futuro con maggiore consapevolezza”.
In cima alla lista delle necessità, quella di definire “riferimenti temporali puntuali circa l’adozione dei diversi provvedimenti”, visto che Il settore, scrive Ref, “convive da tempo con l’incertezza e l’eccessiva lungaggine delle tempistiche previste”. Come dimostrano il caso del “poco chiaro” sviluppo temporale della clausola di uscita dal servizio pubblico per le utenze non domestiche, introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020, o i tempi sempre più lunghi per la costruzione degli impianti, stigmatizzati nei mesi scorsi anche dalla Corte dei Conti. Serve “delineare con precisione una calendarizzazione dei diversi interventi, accompagnando il processo di implementazione con delle fasi di verifica sull’effettivo stato dei lavori”, scrive Ref. Dopo aver messo nero su bianco i tempi, scrive il Laboratorio, serve mettere sul tavolo i soldi necessari a dare corpo alle misure proposte, senza i quali “la reale portata della riforma rischia di essere depotenziata, o non compresa dai soggetti economici chiamati ad attuarla” avverte il position paper. Un potenziale bacino di risorse pubbliche potrebbe essere rappresentato dalle imposte ambientali. Un sistema da rimodulare, visto che al momento solo 11 miliardi di euro sugli oltre 50 raccolti con le tasse ‘verdi’ finisce a finanziare iniziative a carattere ambientale.
Sempre in tema di risorse l’adozione della Strategia, secondo Ref, è l’occasione chiave per una completa revisione della fiscalità ambientale con l’introduzione di strumenti economici che “sostanzino il principio della gerarchia dei rifiuti”: i certificati del riciclo, da corrispondere ai riciclatori sul modello dei ‘certificati bianchi’ per compensare le fluttuazioni del mercato delle materie prime seconde, ma anche un sistema di incentivi per materiali e prodotti ‘circolari’ sull’esempio del credito d’imposta green inserito nel piano transizione 4.0. Per il laboratorio andrebbe poi rimodulato al rialzo il tributo per lo smaltimento in discarica, la cosiddetta ‘ecotassa’, che da un valore di 5 euro a tonnellata andrebbe progressivamente portato al massimo di 25,82. “All’oggi, il peso esercitato sul costo dello smaltimento è trascurabile – osserva infatti Ref – non incidendo sui comportamenti dei soggetti economici e veicolando il messaggio distorto che sia possibile continuare ad inquinare, dietro la corresponsione di una modica cifra di indennizzo”.
E i rifiuti speciali? Non che nelle linee guida sulla Strategia non se ne parli, chiarisce il laboratorio, ma sarebbe utile “venisse posta maggiore enfasi sul tema” con l’obiettivo di puntare a una gestione dei flussi sempre più integrata con gli urbani e sempre più orientata al recupero in una dimensione industriale. Soprattutto per i rifiuti speciali delle filiere, come quella degli olii industriali o dei veicoli a fine vita, “Nella Strategia – osserva il Laboratorio – è contenuto un focus proprio su ‘alcune filiere industriali nazionali’, tra cui i rifiuti da imballaggio, i rifiuti organici, i rifiuti inerti e gli scarti della filiera chimica e agroalimentare, dimenticando però le altre filiere del riciclo, per le quali sarebbe stato altrettanto necessario delineare delle linee strategiche”. E anche per le filiere che invece vengono citate nel documento “sembra emergere una carenza di programmazione, laddove occorrere delineare con maggiore chiarezza gli obiettivi, le misure e le tempistiche di attuazione delle stesse”.
Indispensabile, sia rispetto ai rifiuti urbani che agli speciali, il rafforzamento degli istituti giuridici di supporto alla circolarità: su tutti end of waste, sottoprodotti e Green Public Procurement. I primi due oggi scontano nodi burocratici e applicativi che secondo Ref andrebbero sciolti con la definizione, tra l’altro, di linee guida ad hoc, mentre nel caso del GPP con l’adozione della Strategia “si potrebbe statuire l’obbligatorietà dell’applicazione dei CAM esistenti nelle gare pubbliche, rendendo finalmente effettivo il Piano d’Azione Nazionale per il GPP (PAN-GPP), che rimane al momento uno dei casi più eclatanti di provvedimento a favore della transizione ecologica rimasto sostanzialmente ‘lettera morta’”. Per finire, secondo Ref la Strategia dovrà sviluppare meglio il ruolo del biometano come anello di congiunzione tra l’economia circolare e la transizione energetica, tanto più alla luce della imminente revisione dei meccanismi incentivanti di settore. “L’integrazione di queste tessere del mosaico – conclude il position paper – necessita inevitabilmente di una visione politica, laica e lungimirante, che sappia fare sintesi per avviarsi sulla strada della transizione ecologica, creando al tempo stesso consenso e benessere per l’intera collettività”.