Per fermare l’operazione ecoballe «non basterebbero i carri armati». In questi termini si è espresso pochi giorni fa il governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, commentando il caso dell’incendio – che secondo le prime ricostruzioni delle forze dell’ordine sarebbe di natura dolosa e forse anche a matrice camorristica – che ha colpito i rifiuti stoccati in località Lo Spesso. Per fermare De Luca, però, i carri armati potrebbero non essere necessari: a Roma basterebbe chiudere i cordoni della borsa. Ma andiamo con ordine.
A proposito di non fermarsi di fronte a nulla, l’eco del recente fatto di cronaca e le annesse polemiche e dubbi sugli affidamenti dei trasporti non hanno impedito alla Regione Campania di emanare un decreto dirigenziale, pubblicato sul bollettino ufficiale nella giornata di ieri, con il quale Palazzo Santa Lucia ha messo a gara lo smaltimento di altri cinque lotti (uno per Masseria del Re, due per il sito di Ponte Riccio a Giugliano, uno per il sito di Lo Spesso e un ultimo lotto per le piazzole di Marigliano e Caivano), tre dei quali sono quelli andati deserti nella gara del febbraio 2016, per un totale di 485.140 tonnellate di ecoballe. Il bando, vale la pena ricordarlo, punta ad affidare la «rimozione, trasporto, recupero energetico e/o di materia in ambito nazionale e Comunitario e/o smaltimento in ambito Comunitario» delle balle. Il valore dell’appalto ammonta complessivamente a quasi 83 milioni di euro. Per ingolosire gli operatori del settore la Regione ha dovuto alzare la posta, fissando la base d’asta a 170 euro a tonnellata, venti euro in più rispetto ai 150 della prima gara d’appalto.
Quanto ci vorrà? A partire dalla stipula del contratto – e quindi a valle di tutte le operazioni di assegnazione della gara stessa – la durata massima del servizio per gli affidatari secondo quanto indicato nel capitolato di gara va dai 18 ai 24 mesi, il che significa che pur auspicando tempi di affidamento rapidi, le piazzole dei lotti più “sostanziosi” (i due del sito di Ponte Riccio per un totale di 250mila tonnellate di ecoballe) al netto di ulteriori intoppi o incendi, potrebbero non essere svuotate prima del 2019 inoltrato. Tempi tutt’altro che in linea con il cronoprogramma pubblicato nel piano di smaltimento di fine 2015, che prevedeva lo sgombero delle piattaforme di stoccaggio a giugno 2017: si sforerà, insomma, e non giusto di un mese o due. Il tempo non sembrerebbe aver mai preoccupato più di tanto De Luca e la sua giunta, sebbene la realizzabilità del piano nei tempi propagandati sembrasse eccessivamente ottimista sin dalla pubblicazione della prima bozza programma, eppure è una discriminante non da poco.
Mai come in questo caso, infatti, il tempo è denaro: i soldi per finanziare il piano, vale la pena ricordarlo, vengono dallo stanziamento di 450 milioni di euro elargito dall’allora governo Renzi sul finire del 2015. Alla Campania dovevano arrivare verosimilmente in tre tranches annuali da 150 milioni l’una, ma ad oggi risultano trasferiti soltanto i primi 70 (quelli stanziati per il primo bando di trasferimenti). Tant’è vero che lo scorso 16 gennaio con un decreto dirigenziale la Struttura di Missione per lo smaltimento delle ecoballe chiedeva l’accertamento e la riscossione degli 80 milioni (70 per il 2017 e 10 per il 2016) quale contributo dello Stato alla Regione non ancora trasferito nel bilancio di Palazzo Santa Lucia. Quegli 80 milioni, però, come chiarisce un’attenta lettura del decreto legge 185 del 25 novembre 2015 con cui il piano straordinario fu per la prima volta finanziato, così come i 300 milioni attualmente congelati al Mef, saranno trasferiti alla Campania «sulla base dell’attuazione del cronoprogramma come certificata dal Presidente della Regione». I fondi ci sono, insomma, ma verranno erogati solo a patto che De Luca dimostri di rispettare le scadenze stabilite nel piano. Cosa che, ad oggi, il governatore della Campania non è riuscito a fare.
Questo potrebbe significare che anche la somma di quasi 83 milioni di euro per la nuova gara d’appalto pubblicata ieri sul portale dedicato della Regione Campania sarebbe – almeno in teoria – finanziariamente scoperta. O forse solo “politicamente”. In che senso? Il mancato rispetto del cronoprogramma non solo pregiudica il trasferimento di fondi, ma espone l’intero piano al rischio di applicazione «dell’articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234», e cioè all’esercizio di poteri sostitutivi. Insomma, ad un vero e proprio commissariamento. Un’ipotesi che aleggia sul capo di Vincenzo De Luca da più di un anno, ma che dopo aver perso la sponda di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, per il governatore potrebbe essersi fatta decisamente più concreta considerato l’investimento (è proprio il caso di dirlo) che l’ex premier aveva fatto sull’operazione messa a punto con l’ex sindaco sceriffo. In questo momento a Roma c’è ancora un governo di “colore amico” che potrebbe scegliere di far prevalere logiche di laissez faire anche oltre la scadenza di giugno, ma l’anno prossimo si vota e chissà che il vento non sia destinato a cambiare.