L’italia dei rifiuti resta spaccata a metà, ma la forbice Nord-Sud tende a chiudersi. Su base territoriale, infatti, nel Meridione il dato sulla raccolta differenziata è cresciuto del 7,5%: le eccellenze restano concentrate al Nord, dove sono collocate ben 11 delle 14 province italiane attestatesi con un livello di raccolta al di sopra del 65%. Ma una di queste eccellenze si trova proprio in Campania (dove la provincia di Benevento ha registrato il 68,9%). I dati vengono dall’edizione 2015 del Rapporto Ispra Rifiuti Urbani, che raccoglie le rilevazioni dell’istituto ambientale governativo riferite all’anno 2014, incrociando e organizzando le informazioni trasmesse dalle Arpa e dagli osservatori regionali, oltre che dai MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) compilati ed inviati dai singoli Comuni e dagli impianti di produzione e gestione dei rifiuti.
Su base nazionale l’andamento della produzione dei rifiuti urbani appare, in generale, coerente con il trend degli indicatori socio-economici e in particolare con quello dei consumi delle famiglie, che infatti dopo anni di caduta libera ha registrato un lieve rialzo (risalendo in termini di kg di rifiuti prodotti ogni anno dai 486,5 del 2013 ai 487,8 del 2014): andamento riscontrato anche dai cittadini campani (+0,6% dai 433,6 kg del 2013 ai 436,8 del 2014), in controtendenza, però, con il resto delle regioni del Sud, dove la media di produzione pro-capite ha registrato un -0,8%. Movimenti lievi, dunque, che sembrerebbero registrare un sostanziale stazionamento del dato: ragion per cui la crescita registrata dalle percentuali di raccolta differenziata in valore assoluto risulta ancor più incoraggiante.
L’Italia nel 2006 aveva fissato dei target progressivi a dir poco ambiziosi che avrebbero dovuto condurre gradualmente il Paese al 65% di differenziata entro il 31 dicembre 2012: ad oggi solo la macroarea più virtuosa, quella del Nord, ha superato il target 2009 del 50%, mentre il dato medio nazionale ha sopravanzato con sei anni di ritardo l’obiettivo 2008 del 45%. A fronte di questo ritardo cronico e generalizzato, la Regione Campania ha fatto passi da gigante, crescendo dal 32,7% del 2010 al 47,6% del 2014: circa quindici punti percentuali in soli quattro anni, più di tre punti e mezzo soltanto nell’ultimo anno, quello registrato dall’ultimo rapporto Ispra, ed una percentuale di raccolta che dal 2011 è stabilmente al di sopra del dato medio nazionale (45,2%).
La quota che incide per oltre la metà sul dato complessivo regionale è quella della frazione organica, che vale oltre 676mila del milione e 218mila tonnellate di rifiuti da raccolta differenziata campani. Subito dopo vengono la carta, con quasi 206mila tonnellate, il vetro (143mila) e la plastica (63mila). A seguire, in misura molto più ridotta in quanto al di fuori del circuito degli imballaggi raccolti nelle città, le frazioni di legno (15.624 tonnellate), metallo (14.517) e tessili (11.086). Discorso a parte per le oltre 72mila tonnellate di rifiuti ingombranti raccolte dai servizi comunali di recupero e per le 12.646 tonnellate di Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) valorizzate tramite i vari circuiti dedicati.
Analizzando il dato particolareggiato delle province campane, salta subito all’occhio il ritardo registrato dal Napoletano: dietro alla già citata eccellenza di Benevento, infatti, troviamo Salerno (57,4%), Avellino (57,1), Caserta (49,1) e infine, per l’appunto, il 41,9% della provincia di Napoli. Proprio a partire da quest’anno la validità dei dati Ispra è corroborata dall’interfaccia, presentata a fine ottobre contestualmente al rapporto, con il portale del “Catasto Rifiuti” attraverso il quale è consultabile il dato particolareggiato di ogni singola amministrazione. Ed è proprio dal portale che si evince quanto incida il dato strettamente napoletano a tirare giù le statistiche della provincia (e quindi dell’intera regione). Il trend degli ultimi quattro anni (passato dal 17,48% del 2010 al 22,02% del 2014) è comunque positivo, ma resta profondamente insufficiente; inoltre le sole componenti della differenziata ad essere cresciute sensibilmente sono la percentuale di frazione organica (passata dal 23 al 32% del totale) e quella di raccolta della plastica (dall’1,19 al 5,84). Cali percentuali per tutte le altre componenti: carta e cartone (dal 34 al 29) e vetro (dal 17 al 12), ma anche ingombranti (dal 20 al 15) e Raee (da 1,95 a 1,10).
Asìa e il Comune di Napoli, però, rilanciano e parlano di una crescita importante. Il 2015 è stato l’anno del porta a porta, che ad inizio dicembre è stato esteso nei quartieri Vomero e San Carlo all’Arena, ma che soprattutto da novembre è partito nel lotto UNESCO del centro storico, cui si è aggiunto Forcella ad inizio febbraio. E già si parla di percentuali “nordeuropee”: dopo poco più di un mese da Palazzo San Giacomo si annunciavano già risultati nell’ordine del 67,3%, che avrebbero aiutato a trainare il dato cittadino a quota 29%. Per confrontare il dato 2015 con quello dell’Ispra bisognerà aspettare il prossimo rapporto, ma una discrepanza si può già notare, considerato che l’amministrazione comunale e la municipalizzata nel loro comunicato partono, riferendosi all’anno precedente, da una percentuale differente: 22,6%. Uno scarto minimo, che però fa dubitare su metodi e proiezioni della raccolta dati dall’una o dall’altra parte. Nella sua pubblicazione, infatti, Asia chiarisce di computare nel dato le quantità complessive di rifiuti raccolti nel circuito della differenziata in quanto nelle sue comunicazioni l’Osservatorio Rifiuti Regionale della Campania “differentemente dalla maggior parte delle Regioni” (così sostiene Asìa) tiene conto delle analisi dei dati Mud delle piattaforme Conai di selezione sottraendo dal totale la percentuale di scarto. Vale a dire che se nella differenziata c’è una frazione estranea eccessiva, quest’ultima (giacché non raggiunge gli standard qualitativi per essere avviata a riciclo) viene sottratta al totale della raccolta.
Nel dato di Asìa, invece, si tiene conto anche di quei tanti (troppi) sacchetti di indifferenziato conferiti dai concittadini poco educati e che vanno a finire nel circuito del multimateriale o dell’organico. Un principio che appare logicamente sbagliato e che non a caso, anche se si sostiene che “la maggior parte delle Regioni” faccia così, è negato dalla nota metodologica contenuta dallo stesso rapporto Ispra. Nella suddetta nota, infatti, si considera “indifferenziato” anche lo scarto della raccolta differenziata registrato dai Mud degli impianti di selezione della raccolta multimateriale. Quando ha presentato i dati del porta-a-porta nel centro storico il sindaco de Magistris lo ha definito un “miracolo laico”. Chissà che non intendesse dire “miracolo matematico”.