Creare una filiera nazionale capace di sfruttare al meglio le opportunità di business legate al decommissioning degli impianti nucleari in Italia e all’estero. A lanciare la proposta sono state oggi Confindustria e Sogin, la società pubblica responsabile dello smantellamento delle ex centrali italiane e della gestione dei rifiuti radioattivi, in occasione di un workshop tecnico. «Il decommissioning nucleare – ha dichiarato Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria – oltre ad essere un dovere per il futuro del Paese, è anche una grande opportunità di crescita e sviluppo. Abbiamo imprese leader mondiali e all’avanguardia nelle tecnologie dello smaltimento dei rifiuti e della sostenibilità ambientale. Oggi abbiamo messo una pietra importante per creare una filiera industriale in grado di intercettare una domanda crescente sia in Italia sia all’estero».
Del resto, la brevità della parabola nucleare nostrana ha costretto l’Italia a fare i conti prima di tanti altri con il delicatissimo tema dello smantellamento delle centrali, garantendole un notevole vantaggio strategico in termini di competenze acquisite e la possibilità di giocare un ruolo da protagonista sul mercato internazionale. Cosa testimoniata tra l’altro dall’intensa attività svolta da Sogin all’estero: in Francia e Ucraina, ma anche in Russia e Cina. «Nel nostro lavoro – ha spiegato Luca Desiata, Amministratore Delegato di Sogin – ci confrontiamo già con partner e fornitori che, per tecnologia e know-how, rappresentano l’eccellenza industriale italiana. Mettere a fattor comune le specificità di ciascuno e creare una filiera nazionale è un’opportunità per il sistema Paese per essere più competitivi all’estero dove il settore del decommissioning sta crescendo».
Senza dimenticare che anche sul mercato interno non mancano le opportunità di business e le occasioni per la creazione di nuove sinergie industriali, soprattutto nei territori interessati dalle attività di smantellamento delle vecchie centrali. Nell’avanzamento delle attività, ha fatto sapere Sogin, è prioritario provvedere all’approvvigionamento dei contenitori per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in vista del loro successivo smaltimento al Deposito Nazionale. Per questo la società ha lanciato oggi una prima gara per la fornitura di alcuni prototipi destinati alla qualifica dei modelli per i rifiuti di bassa attività, per poi passare all’approvvigionamento nei prossimi anni di oltre 35mila contenitori per i rifiuti di bassa attività ai quali si aggiungeranno quelli per i rifiuti di media attività. La sola filiera produttiva di questi contenitori, spiega Sogin, ha un valore complessivo di circa 250 milioni di euro.
Per poter smaltire in sicurezza i rifiuti radioattivi al Deposito Nazionale, il Deposito però bisognerà prima costruirlo. E qui cominciano le dolenti note, visto che sulla procedura per la localizzazione dell’area idonea ad ospitare la struttura, indispensabile per chiudere il ciclo nucleare nostrano, è calato da mesi il silenzio. Nel frattempo i rifiuti derivanti dallo smantellamento delle centrali (ma anche quelli prodotti dalla medicina e dall’industria) continuano ad essere stoccati in una serie di depositi temporanei. Cosa che, unita alle criticità gestionali e operative che hanno caratterizzato la vita recente di Sogin, contribuisce ad allungare i tempi del decommissioning e ad aumentarne i costi: 3,2 i miliardi spesi fin qui, con il processo completato solo per il 25%. Per non parlare del fatto che l’Isin, l’ente di controllo istituito per vigilare sulla gestione dei nostri rifiuti radioattivi, non è mai entrato in funzione e che la Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione ai danni dell’Italia per la mancata consegna del Programma nazionale di gestione delle scorie radioattive e del combustibile nucleare esaurito. Insomma, il mercato sarà anche caldo, ma tra criticità e ritardi, quella della gestione delle scorie e dello smantellamento delle centrali nel Belpaese più che ad una opportunità di business somiglia al momento alla classica occasione sprecata.