Fontana: “Il riciclo garantito nel corso del 2020 dal sistema Conai ha rappresentato un’effettiva riduzione delle emissioni di CO2 pari a 10mila voli andata e ritorno Roma – New York. Fondamentale, dunque, il contributo che la filiera del riciclo può dare ai progetti di decarbonizzazione”
Superando il 73% di riciclo di imballaggi e l’83,7% di recupero di materia l’Italia segna il suo record nel 2020, in anticipo di cinque anni rispetto al target europeo del 65%. Risultati d’eccellenza, che consentono alla filiera italiana del riciclo degli imballaggi di presentarsi da protagonista alla più ambiziosa sfida del nostro tempo, quella per la neutralità climatica. Eppure, questi numeri sembrano essere sfuggiti alle grandi superpotenze della Cop26 che nei tredici giorni di trattative a Glasgow hanno concentrato tutti i loro sforzi su energie rinnovabili, idrogeno, agricoltura sostenibile. Nessun accenno all’economia circolare nel Patto sul Clima sottoscritto dai 197 Paesi, escludendo così dai giochi le grandi potenzialità che il riciclo e il recupero di materia possono offrire nell’ardua sfida per la decarbonizzazione. “Il riciclo garantito nel corso del 2020 dal sistema Conai ha rappresentato un’effettiva riduzione delle emissioni di CO2 pari a 10mila voli andata e ritorno Roma – New York. Fondamentale. dunque, il contributo che la filiera del riciclo può dare ai progetti di decarbonizzazione” spiega Simona Fontana di Conai.
Un’economia, dunque, da decarbonizzare per aiutare il Pianeta che soffre sotto i colpi del cambiamento climatico. Caldo, siccità, alluvioni: nel 2020, infatti, l’Italia ha segnato un altro record, ma in questo caso, purtroppo, non c’è nulla da esultare. Con un aumento di temperature medie di 1,54°C, il 2020 rappresenta l’emblema del climate change, il quinto anno più caldo dal 1961, toccando addirittura picchi massimi nel mese di febbraio di +2.88°C e +2.49°C nel mese di agosto. “1.5°C, forse l’unico elemento di evidente successo della Cop26, è stato concordato come obiettivo nel lungo termine di contenimento dell’incremento di temperatura. Questo dà un’idea di quanto importante sia lo sforzo che ci attende. Tutte le politiche, comprese quelle dell’economia circolare, devono dare il proprio contributo per raggiungere in tempi ragionevoli l’obiettivo fissato” aggiunge Alfredo Pini di Ispra.
Vere protagoniste di questo processo di transizione ecologica le aziende, chiamate a dare il proprio contributo nella lotta alla neutralità climatica con un modello economico che dica definitivamente addio al carbone. Una sfida ambiziosa che corre lungo due direttrici principali: non solo la lotta al cambiamento climatico, ma anche a quell’ecologismo di facciata, il cosiddetto greenwashing delle tante aziende che si attribuiscono meriti nel contrasto ai problemi ambientali, senza però agire in modo concreto per tutelare il patrimonio naturale, contribuendo così a creare diffidenza nei processi di innovazione e sviluppo tecnologico, strumenti indispensabili per la decarbonizzazione.
“La rotta è tracciata e le leve per dare maggiore impulso a questo percorso sono certamente l’innovazione tecnologica e la finanza. Quindi, da una parte è necessario continuare a lavorare per sensibilizzare quante più imprese su cosa significhi operare in modo sostenibile e al contempo è anche necessario spingere perché queste imprese possano essere messe nelle condizioni di poter investire” spiega Caterina Mancusi di Confindustria.
“Secondo il trend degli ultimi 10 anni l’Italia dell’eco-innovazione è quasi sempre leggermente sopra la media europea, ma a volte anche sotto. Quanto alle risorse che l’Italia mette a disposizione, sia finanziarie che umane, per ricerca e innovazione siamo drammaticamente sotto la media europea – fatta 100 la media Ue, in risorse e finanziamenti noi siamo a 60, mentre i paesi che guidano la classifica sono a quota 180” dichiara Roberto Morabito di Enea.
Come il summit mondiale sul clima appena concluso ha dimostrato, l’attenzione all’ambiente è ormai una priorità che pervade ogni ambito del quotidiano, entrando a far parte dei bisogni primari del singolo cittadino. “Per i cittadini l’ambiente nella sua declinazione di tutela degli ecosistemi, di salvaguardia del capitale naturale ha raggiunto il ruolo di quello che può essere considerato un bisogno primario” aggiunge Donato Berardi di Ref Ricerche.