Con l’approvazione dello “Sblocca Cantieri” viene introdotta la possibilità per le regioni e le province di stabilire caso per caso quando un rifiuto cessa di essere tale, il cosiddetto end of waste, prendendo come riferimento norme degli anni novanta. “Più che ‘Sblocca Cantieri’ io lo chiamerei ‘Blocca Riciclo’, poiché ampia parte di questo settore, ormai affermato, rimane escluso dalle novità. È stato fatto un passo, ma occorreva farne altri cento e sul biometano siamo punto e a capo. Nel Paese in cui ci troviamo e con questa normativa abbiamo bisogno di certezze, e quindi di una norma che stabilisca che il biometano è biometano così come l’acqua è acqua”. Queste le parole del giurista ambientale David Roettgen dello studio legale Ambientalex durante la diretta del talk show “Biogas, tra intralci normativi e prospettive future” organizzato da Ricicla.tv in collaborazione con Tele Ambiente.
Al dibattito, condotto dal direttore di Ricicla.tv Monica D’Ambrosio, hanno partecipato Massimo Centemero, direttore del Consorzio Italiano Compostatori, Paolo Giacomelli vice direttore di Utilitalia e l’avvocato David Roettgen.
Il biometano è la nuova frontiera dell’economia circolare. Dalle 56,5 milioni di tonnellate di rifiuti organici trattati ogni anno in Italia è possibile ricavare questa preziosa fonte di energia rinnovabile. Se fino a qualche anno fa la frazione organica veniva trattata solo in impianti di compostaggio aerobici, oggi grazie alla digestione anaerobica si può produrre biometano da immettere in rete o da utilizzare per l’autotrazione, facendo meno ricorso alle fonti fossili, riducendo le emissioni di gas serra e combattendo così i cambiamenti climatici.
“L’Italia è all’avanguardia – ha dichiarato Massimo Centemero – questo piccolo Paese ha introdotto la raccolta differenziata dell’organico già 25 anni fa. Basti pensare che in media nel 2016 ogni cittadino ha differenziato 108 kg di frazione organica. Purtroppo, però, l’impiantistica rimane carente”. Le opportunità che offre la filiera del biometano sono, infatti, moltissime se si pensa che la produzione potenziale in Italia si aggira intorno agli 8 miliardi di metri cubi a fronti di 1,4 miliardi di euro di investimenti in digestori anaerobici necessari a soddisfare il fabbisogno residuo di trattamento del rifiuto organico senza considerare che dalla vendita del biometano i potenziali introiti, a seconda del canale, vanno dagli 1,5 ai 3 miliardi di euro.
Non mancano, però, le proteste di cittadini spaventati e diffidenti che si oppongono alla presenza di impianti sul loro territorio. “Il primo passo da fare – ha dichiarato Paolo Giacomelli – è quello di ricostruire il rapporto di fiducia con il cittadino perché è vero che, soprattutto al centro e al sud, mancano gli impianti ma è altrettanto vero che la popolazione è stata spesso strumentalizzata. Poi serve riscrivere il ‘Codice Ambientale’ cogliendo l’opportunità che l’Europa ci offre con il pacchetto di norme sull’economia circolare e in questo il Parlamento ha perso tempo”.
Con 56 tonnellate di rifiuti organici si può produrre intorno al 2% del fabbisogno energetico nazionale. Purtroppo, per produrre questa percentuale occorre molta energia fossile per il trasporto del materiale in input e in output, energia elettrica per riscaldare la biomassa che solitamente deve stare per oltre 30 giorni a 40°C, energia per triturare e mescolare la biomassa. E altre operazioni meccaniche.
E’ noto che le rese energetiche sono positive solo quando si utilizzano derrate alimentari pregiate, altrimenti si va in perdita energetica.
Una follia ambientale che i lauti incentivi nascondono. Lo scorso anno, ad esempio, a fronte di 15 miliardi di incentivi in favore delle società che producono energie rinnovabili, il GSE ha ricavato dalla vendita dell’energia ricavata circa 2 miliardi di euro. Pago 15 e ottengo 2. Un bell’affare davvero!!!
Nel caso degli impianti a biometano c’è, oltretutto, il grande problema legato allo smaltimento del digestato.
Contrariamente alle rassicurazioni, il digestato è classificato come rifiuto, cessa di avere questa qualifica solo in condizioni particolari. Ad esempio deve contenere il 20% di sostanza organica. E’ normale, un materiale privo di carbonio non serve ai terreni perché, è bene ricordare, il carbonio è vita e si nutrono di esso tutti gli organismi viventi.
Oltre all’assurdità di privare il suolo di carbonio, resta la circostanza che non è mai stata attivata una filiera di controllo sul digestato e sul suolo dove è versato e quindi è possibile che si stiano contaminando i terreni agricoli (per effetto della concentrazione) sia con metalli pesanti sia con gli additivi che spesso si utilizzano negli impianti per migliorare la digestione.
Siamo fra i primi nel mondo per produzione di biogas, competiamo con Paesi come la Cina e la Germania ma c’è da chiedersi se questo sia un risultato di cui vantarsi o di cui vergognarsi.
E’ vero che ci sono le proteste dei cittadini spaventati e diffidenti, ma purtroppo a causa di una propaganda martellante questo numero è davvero risibile. Per fortuna questo numero è in crescita perché i fatti hanno dimostrato che le rassicurazioni erano false.