Controlli preventivi sui terreni agricoli e impianti di depurazione, sì a compostaggio per arginare la gestione illecita di rifiuti, ma serve una semplificazione amministrativa o strutture potenziate. L’intervista al direttore tecnico dell’Arpac, Claudio Marro
Smaltimento illecito dei rifiuti, bonifica dei siti inquinati, trattamento delle acque reflue: sono questi i principali fronti dell’emergenza ambientale aperti in Campania – fronti sui quali lei lavora da sempre in prima linea. Qual è lo scenario oggi e quale il ruolo dell’Agenzia regionale in un contesto così delicato?
«Noi cerchiamo di gestire queste attività come ordinarie, non come fase emergenziale. Sono attività da svolgere in maniera istituzionale, quindi fare controlli preventivi significa cercare di prevenire determinati problemi e segnalare eventuali criticità. Sul piano delle bonifiche, sono 250 i siti in Regione Campania, così come contemplato nel Piano regionale, ancora da bonificare. In questa attività è chiaro che noi siamo i protagonisti assoluti perché non solo interveniamo durante le conferenze dei servizi per l’approvazione di piani e progetti, ma svolgiamo specifiche attività anche sul campo, prelevando dei contro-campioni da analizzare in contraddittorio con le ditte incaricate. Sugli impianti di depurazione facciamo un certo numero di controlli all’anno, soprattutto su quelli più grandi. Per quanto riguarda l’annosa questione dell’abbandono dei rifiuti possiamo dire che si tratta di un problema che sta diminuendo ogni anno, anche se di poco. Da questa situazione si esce solo realizzando impianti di trattamento rifiuti sia per gli scarti urbani che per quelli speciali. Fino a quando non riusciremo a completare questo ciclo, il problema ci sarà sempre», spiega ai microfoni di Ricicla.tv il direttore tecnico di Arpa Campania, Claudio Marro.
La recente pubblicazione dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità sulla correlazione tra gestione illecita dei rifiuti e patologie nella cosiddetta “Terra dei fuochi” rappresenta un’ulteriore conferma della gravità del fenomeno nelle province di Napoli e Caserta. Cosa è stato fatto e cosa ancora c’è da fare per mettere fine a un’aggressione criminale all’ambiente e alla salute che va avanti ormai da decenni?
«In tema di rifiuti urbani siamo messi abbastanza bene perché il ciclo si sta completando, ma bisogna realizzare impianti di compostaggio, mentre per quanto riguarda i rifiuti speciali, purtroppo abbiamo ancora molti flussi che vengono spediti fuori regione. A questi, si aggiunge un problema di educazione. Inoltre, si sta attivando una raccolta differenziata che è raddoppiata negli ultimi dieci anni, con un buon 53% anche se siamo ancora lontani dall’obiettivo del 65%. Riguardo la questione “Terra dei fuochi” – aggiunge Claudio Marro – stiamo indagando sui terreni agricoli per interdirli eventualmente alla coltivazione e non far arrivare sulle nostre tavole prodotti contaminati. Fino ad ora non abbiamo trovato un solo prodotto vegetale contaminato».
Nei giorni del dibattito sul Recovery Fund i vertici del Sistema nazionale di protezione ambientale hanno più volte sottolineato come senza un rafforzamento della rete delle agenzie ambientali la famosa transizione ecologica rischia di rimanere poco più di uno slogan. È d’accordo?
«Sì, assolutamente, perché il Recovery Fund prevede una serie di attività atte a proteggere maggiormente l’ambiente e questo presuppone progetti e piani che devono essere valutati. Bisogna prevedere una semplificazione amministrativa e strutture potenziate, perché non vorremmo diventare il collo d’imbuto di questi finanziamenti. Uno degli asset maggiori è quello di incentivare la produzione di energie rinnovabili, quindi eolico e fotovoltaico. In questo caso c’è bisogno di pareri ma anche di controlli sul campo e se non si potenziano le strutture, rischiamo di non poter dare né pareri positivi per realizzare gli impianti, né poter poi fare i dovuti controlli. Con lo smart working e con il problema della pandemia abbiamo avuto un enorme aumento di istanze di realizzazione di stazioni radiobase. A queste istanze noi dobbiamo rispondere con dei pareri di auto-protezione, ma senza risorse umane, diminuite a causa di “quota 100”, non riusciamo a far fronte alle domande. Solo nel 2020 abbiamo ricevuto 2mila richieste di pareri; purtroppo siamo riusciti a soddisfarne solo una metà. Se nel 2021 ci sarà un amento del 30% o del 40%, rendetevi conto di che tipo di problema dovremo affrontare», chiude il direttore Marro.