40 milioni di tonnellate di amianto da smaltire, 9 regioni su 20 non hanno siti di smaltimento adatti, gli illeciti ambientali in questo settore si moltiplicano: l’Italia non solo ancora importa amianto, ma addirittura ancora lo produce. «Non dobbiamo temere di affrontare il problema attraverso soluzioni tecnologicamente innovative e norme che tengano conto dello stato dei fatti». Così l’Onorevole Alberto Zolezzi, M5S, componente della Commissione ambiente Camera dei Deputati, e organizzatore del convegno che si è svolto ieri pomeriggio presso Palazzo Montecitorio, ha spiegato che oggi è possibile ridurre i rischi da esposizione adottando tecniche di messa in sicurezza dell’amianto che in Italia ancora attende di essere smaltito. Ogni anno oltre 250.000 tonnellate di materiale contenente amianto viaggiano verso Germania e altre nazioni, con costi superiori alla realizzazione di siti di discarica a filiera corta e controllata. I costi per la realizzazione di almeno una discarica in aree e condizioni costruttive adeguate per ogni regione sono irrisori rispetto al costo per i trasporti transfrontalieri.
Per il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, «Il problema sta nell’assenza di una pianificazione normativa adeguata. L’Italia è il Paese dove le cose si fanno solo quando si crea un’emergenza». Eppure, secondo il Ministero, qualcosa si sta muovendo. È stata l’ingegner Laura D’Aprile, Dirigente della Divisione “Bonifiche e Risanamento” del Ministero dell’ambiente a spiegare come si sta procedendo. Il Decreto ministeriale fondo amianto ha stanziato 17mln di euro in tre anni (2016-2018) per bonificare gli edifici pubblici. Si procederà in ordine di importanza a partire dai siti che si trovano a 100 metri di distanza da scuole, asili, ospedali e impianti sportivi. Sarà poi la volta di edifici pubblici dove le ASL hanno segnalato presenza di amianto. Poi Edifici bonificabili entro 12 mesi dal finanziamento. Infine, edifici collocati all’interno dell’elenco dei siti di interesse nazionale.
Ma il problema non è solo quello delle bonifiche. È anche e soprattutto quello di dove allocare i rifiuti derivanti da tali operazioni dal momento che, come ha spiegato Rosanna Laraia, dirigente Ispra, in Italia esistono 22 discariche ma solo 3 per rifiuti pericolose, 2 in Piemonte e 1 in Toscana, regioni che tra l’altro, assieme a Lombardia e Veneto, sono tra i primi produttori di amianto. Tale carenza di siti fa sì che l’amianto venga soprattutto esportato (156mila tonnellate nel solo 2014). «Business per la solita Germania che va ad allocare nelle miniere per rifiuti non pericolosi rifiuti che lo sono e senza incorrere in procedure di infrazione» – ha spiegato Laraia.
Quanto al problema della mappatura dei siti contaminati, i pareri e le voci sono discordanti. Se secondo alcuni molte regioni non hanno neanche ancora mappato il proprio territorio per poi stilare l’elenco degli interventi da eseguire con maggiore velocità, per l’ingegner D’Aprile invece: «L’unica Regione che ha eseguito una mappatura con telerilevamento senza far seguire ai rilievi dall’alto un controllo capillare delle aree contaminate, sarebbe la Puglia».
I sistemi di mappatura andrebbero aggiornati e, nel corso dell’incontro si è discusso di quello della torcia al plasma. La vetrificazione con “torcia al plasma” per matrici difficili, è un sistema già in uso a livello industriale in Francia, mentre è inaccettabile che nel 2016, con un picco di decessi da amianto non ancora raggiunto, ma superiore ai 5.000 all’anno, secondo l’Osservatorio Nazionale amianto, non si faccia nulla per ridurre al massimo il rischio di esposizione e si moltiplichino gli illeciti e i reati ambientali, e si stiano verificando “danni collaterali” con elevatissime esposizioni (incendi di discariche abusive in Liguria e di enormi tettoie in Eternit in Toscana, senza contare lo stesso sisma di Amatrice).
Infine, a margine del confronto, l’intervento dell’onorevole Alessandro Bratti, presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sugli illeciti ambientali. «È inutile parlare di mappatura se prima non mettiamo mano alla semplificazione delle norme che ci consentirebbero di bonificare i siti già mappati. Oggi porto due proposte: la prima è quella di togliere vincoli di bilancio a quei Comuni che possono autonomamente procedere dal punto di vista economico, alla bonifica dei siti contaminati. La seconda, quella di promuovere incentivi per chi adotta sistemi di monitoraggio innovativi e per costruire almeno uno discarica per regione».