Speakers Circle
Parole in circolo
Dobbiamo proseguire sulla strada di creare le corrette condizioni per l’economia circolare in Europa e di migliorare la tracciabilità sull’export extra UE dei materiali riciclabili. L’export non può essere una sorta di ‘escape room’.
Massimo Medugno
La pubblicazione della prima graduatoria dei progetti faro carta e cartone avvenuta il 13 ottobre, nei tempi previsti, è un buon segnale per l’intera filiera della carta e cartone. Si tratta, certo, della pubblicazione della graduatoria propedeutica a quella definitiva, ma In tempi così difficili le imprese hanno bisogno di certezze, tra cui il rispetto dei tempi. La strada maestra è quella di promuovere la capacità di trattare e riciclare a livello nazionale ed europeo.
È questo il modo per attuare una economia circolare con impatti positivi non solo sull’ambiente, ma anche sull’occupazione in Italia.
Come Federazione Carta e Grafica abbiamo sempre sostenuto, fin dall’inizio, una misura ad hoc per la filiera carta e cartone per potenziare ulteriormente la capacità di trattamento e di riciclo nella filiera della carta, che comunque ha già raggiunto l’85% di riciclo nel settore dell’imballaggio. Va ricordato che lo scorso anno la capacità di riciclo da parte delle cartiere è cresciuta di 800mila tonnellate, raggiungendo i 6 milioni (invece dei 5,2 del 2020), facendo dell’Italia il secondo riciclatore a livello continentale. È certamente un momento difficile quello che attraversa il settore cartario in Italia e in Europa. A riprova di ciò, alcuni giorni fa, anche l’allarme delle associazioni tedesche sull’impatto del caro energia sull’economia circolare della carta. Ma la via maestra è quella di rafforzare l’industria e la filiera del riciclo, come è il caso del PNRR e di promuovere le migliori condizioni competitive possibili.
Infatti, la carta può vantare degli indubbi vantaggi: è rinnovabile, può essere riciclata dalle 7 alle 25 volte in alcuni casi e prima di ogni norma ha introdotto criteri per la riciclabilità dei prodotti cellulosici. Questo deve essere il punto di partenza per le politiche industriali, cioè le caratteristiche dei materiali, che devono essere rinnovabili e riciclabili. In questo modo, l’introduzione di contenuti minimi di riciclato in maniera aprioristica non è più un ‘ingrediente indispensabile’ per l’economia circolare, in quanto sono le caratteristiche degli stessi materiali a definire le ‘corrette traiettorie’. Sono però fondamentali le condizioni competitive, che sono sempre di più di tipo ambientale. Ad esempio, il forte impatto dei costi energetici sull’economia italiana sta minando, alla base, anche l’economia circolare oltre che aprire il mercato domestico al dumping ambientale con l’arrivo sul territorio europeo e italiano di prodotti che costano meno a livello energetico ma soprattutto ambientale. Come non preoccuparsi di questo? Lo stesso per l’export di materiali riciclabili al di fuori della UE. Introdurre delle norme più puntuali sulla tracciabilità di questi flussi e sulle performance degli impianti finali extra UE in cui gli stessi vengono riciclati, appare una norma veramente di buon senso,
Da una parte si invocano contenuti minimi di riciclato nei prodotti fatti in Europa, mentre dall’altra si proporrebbe di disinteressarsi agli ‘standard ambientali’ dei produttori e riciclatori extra UE che competono con le imprese europee su tutti i mercati. Dobbiamo quindi proseguire sulla strada di creare le corrette condizioni per l’economia circolare in Europa e di migliorare la tracciabilità sull’export extra UE dei materiali riciclabili. L’export non può essere una sorta di ‘escape room’.