In occasione della giornata mondiale del suolo il Consorzio Italiano Compostatori lancia un appello per lo sviluppo di soluzioni di urban carbon farming, per massimizzare la capacità del verde cittadino di sequestrare CO2 grazie all’utilizzo del compost nelle attività di manutenzione. Un obiettivo da raggiungere anche migliorando il meccanismo degli acquisti verdi nella pubblica amministrazione
Promuovere pratiche di urban carbon farming per trasformare il verde cittadino in un uno stoccaggio naturale di CO2. Come? Grazie al compost, fertilizzante biologico prodotto dal recupero dei rifiuti organici conferiti in maniera differenziata dai cittadini al servizio pubblico di raccolta, un antidoto all’inaridimento e impoverimento dei suoli, risorsa non rinnovabile, ma anche al cambiamento climatico, come ha ricordato il Consorzio Italiano Compostatori in un evento organizzato a Milano nella giornata mondiale del suolo istituita dalla FAO. “Una location tutt’altro che casuale – ha chiarito Lella Miccolis, presidente del CIC – visto che esattamente dieci anni fa Milano ha lanciato la raccolta differenziata dei rifiuti organici in tutta la città”, anticipando di anni l’obbligo che a livello nazionale è scattato solo dal 1 gennaio 2022. Un’avanguardia del ciclo del riciclo del biowaste, e per questo luogo ideale per lanciare un appello alla collaborazione tra amministrazioni locali, cittadini, esperti ambientali, paesaggisti, architetti del verde, agronomi, giardinieri e gestori di impianti con l’obiettivo di lavorare, in un’ottica di economia circolare, all’introduzione in ambiente urbano di pratiche di carbon farming, ovvero di soluzioni naturali per massimizzare la capacità dei suoli e delle piante di sequestrare CO2 evitandone il rilascio in atmosfera.
Un obiettivo da raggiungere spingendo l’utilizzo del compost prodotto a partire dalle raccolte differenziate urbane nella manutenzione del verde cittadino, come parchi, giardini e altri spazi pubblici. “I suoli urbani possono rappresentare una risorsa strategica per la mitigazione dei cambiamenti climatici e il miglioramento della sostenibilità ambientale nelle città”, ha dichiarato Massimo Centemero, direttore del CIC, secondo cui “in questo quadro, il settore del biowaste gioca un ruolo fondamentale”. Stando al centro studi CIC, infatti, sono circa 410 mila le tonnellate di carbonio organico che possono essere riportate al suolo grazie alle 1,9 milioni di tonnellate di compost di alta qualità generate ogni anno dal recupero dei rifiuti organici. “L’adozione dell’urban carbon farming contribuirebbe a migliorare la qualità del suolo urbano a 360 gradi, rendendolo più permeabile e ricco di nutrienti e pronto, quindi, a reagire agli effetti del cambiamento del clima”, aggiunge Centemero.
Benefici riconosciuti anche dai Criteri Ambientali Minimi per le attività di manutenzione del verde urbano, che anche per questo promuovono l’utilizzo di fertilizzanti naturali, come il compost, negli appalti pubblici. Pur essendo obbligatori, tuttavia, i parametri dei CAM vengono applicati poco e male dalle stazioni appaltanti. Secondo i dati dell’ultimo osservatorio sugli appalti verdi di Legambiente, infatti, nel 2023 su 800 amministrazioni analizzate l’applicazione efficace dei CAM ha riguardato appena il 53% del campione. Stessa sorte tocca ai CAM per i servizi di raccolta dei rifiuti urbani, che fissano un 5% massimo di materiale non compostabile nell’organico e che invece continuano a essere disattesi da Comuni e gestori del servizio. E infatti nel frattempo la differenziata da un lato fatica a crescere in quantità, aumentando tra 2021 e 2022 di 0,1 kg per abitante, ma soprattutto peggiora sotto il profilo della qualità, con una percentuale di materiali impropri che il CIC stima pari ormai al 7,1% del materiale conferito. Fenomeno che oltre a ridurre le quantità di compost in uscita dagli impianti ne mina anche la sostenibilità economica, a causa dei crescenti costi di smaltimento delle frazioni estranee.
“Come CIC – ha dichiarato la presidente Lella Miccolis – siamo pronti a porci al centro di una rete che permetta di unire azioni climatiche globali e locali che abbiano al centro l’urban carbon farming come una soluzione innovativa e rigenerativa per città più sostenibili. In primis è necessario continuare a lavorare sulla qualità della raccolta differenziata dei rifiuti organici, che va migliorata sia attraverso l’ottimizzazione dei sistemi di raccolta, sia promuovendo una maggiore consapevolezza sul gesto quotidiano che compiamo come cittadini. È un atto che deve essere fatto con senso di responsabilità, perché significa poter trasformare un rifiuto in una risorsa utile a tutti”. Anche in questo caso Milano può fare da apripista. “La qualità del nostro rifiuti organico è abbastanza accettabile – ha chiarito Cristina Fusco di AMSA Milano – parliamo di un 94-95%”. In linea quindi con l’obbligo di tenere le impurità al 5%. “Come interveniamo per migliorarlo? Ahimè con le sanzioni, a seguito di verifiche condotte soprattutto sulla qualità visibile della raccolta, accompagnate da un’attività di comunicazione e sensibilizzazione per aree”, ha detto.