Rifiuti tessili, le imprese europee in crisi chiedono incentivi e fiscalità agevolata

di Redazione Ricicla.tv 21/10/2024

Nella primavera del 2024 i prezzi di mercato degli abiti usati sono crollati mentre i costi di selezione e valorizzazione dei rifiuti continuano a crescere, esponendo le imprese “al rischio di collasso”, si legge in una nota di EuRIC e MWE, che chiedono all’Ue interventi urgenti sul piano normativo e finanziario. A partire dall’introduzione dell’IVA agevolata


Il settore europeo degli abiti usati è al centro di una crisi “senza precedenti”, un effetto domino che nelle prossime settimane rischia di travolgere centinaia di imprese della selezione e valorizzazione, lasciandole schiacciate sotto il peso di costi di gestione alle stelle a fronte di margini di guadagno sempre più esigui. È una tempesta perfetta quella che si sta abbattendo sugli operatori europei del recupero dei rifiuti da abbigliamento, presi in una congiuntura segnata dalla drastica contrazione della domanda su diversi dei mercati tradizionali di sbocco, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, e da un eccesso di offerta che sta facendo crollare i prezzi di mercato. Una combinazione potenzialmente letale, soprattutto se al mix si aggiungono i mali di sempre, come i costi crescenti generati da fast e ultra fast fashion e la domanda ancora bassa di fibre riciclate. È un vero e proprio SOS quello lanciato dall’associazione europea dei riciclatori EuRIC in una nota condivisa con MWE (la sigla dei gestori di rifiuti urbani) con la richiesta di interventi urgenti “per salvaguardare l’industria dal collasso” ,tra cui un regime fiscale agevolato e la rapida attuazione della responsabilità estesa del produttore.

Dalla primavera di quest’anno, avvertono le associazioni, si è assistito a un crollo dei valori di mercato per gli abiti usati. Alcuni dei principali canali commerciali di sbocco per i prodotti in uscita dagli impianti europei di selezione stanno infatti risentendo delle turbolenze del quadro geopolitico: dal conflitto in Ucraina a quello in medio oriente, con le sue ripercussioni anche sulle tratte commerciali del Mar Rosso e sull’intera logistica marittima in Africa. Tant’è che il commercio di tessili usati tra Ue ed extra Ue, si legge, “è diminuito da 464.993 tonnellate nel 2022 a 430.185 tonnellate nel 2023”. Considerando la sola Germania, le esportazioni di tessili usati verso il Ghana (uno dei principali mercati di esportazione d’Europa) sono scese da 7.911,2 tonnellate nel 2020 a 4.532,9 tonnellate nel 2023. Nel frattempo i magazzini dei selezionatori europei si riempiono fino a scoppiare, mentre la “oversupply” sul mercato interno mette al tappeto i prezzi.

Se il mercato del second hand è al collasso, non va meglio per quello del riciclo, che forse non è addirittura mai decollato: il cotone riciclato, per esempio, ha fatto registrare a livello globale nel 2023 un volume di produzione stimato di 319 mila tonnellate, a fronte di 24,4 milioni di tonnellate di fibre vergini. Nulla. E infatti anche “gli attori a valle della catena del riciclo, come gli stabilimenti di laceratura e filatura, sentendo la tensione, stanno andando verso significativi tagli al personale“. Tutto questo mentre i volumi di rifiuti d’abbigliamento in ingresso negli impianti di selezione continuano ad aumentare, così come i costi di trattamento, gonfiati soprattutto dalla sempre maggior presenza di capi da fast e ultra fast fashion, difficili da collocare sul mercato del riuso e quasi impossibili da riciclare vista la scarsa qualità. “I prezzi per l’usato selezionato non coprono più i costi di lavorazione, con conseguenti gravi problemi in termini di flusso di cassa per gli operatori”. Una tendenza che nelle prossime settimane potrebbe conoscere una vera e propria accelerazione, visto che dal 1 gennaio 2025 scatterà in tutta l’Ue l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili (che l’Italia ha anticipato al 1 gennaio 2022). “È probabile che questa situazione aumenti i costi di gestione per i comuni – si legge – con un potenziale conseguente aumento delle tariffe a carico dei cittadini”.

Il tempo stringe e, in assenza di interventi concreti sul piano legislativo e finanziario, il settore è ogni giorno più esposto al rischio di un “fallimento diffuso”, avverte la nota. Da qui l’appello rivolto alle istituzioni europee per sollecitare gli Stati membri a “ridurre l’IVA sulle attività di riparazione, riutilizzo e riciclo dei tessili” e ad “esplorare la possibilità di introdurre una tassa sui nuovi materiali a base di petrolio”. Ma a breve termine, e “per salvaguardare l’industria dal collasso” servono anche “incentivi finanziari” diretti alle imprese Ue “che contribuiscono in modo significativo a una catena tessile circolare”. Sul piano normativo l’appello è invece ad accelerare i negoziati per la revisione della direttiva quadro rifiuti, promuovendo una implementazione rapida in tutti gli Stati membri dei nuovi regimi obbligatori di responsabilità estesa del produttore. Una misura che unita ai futuri requisiti di ecoprogettazione previsti dalla direttiva sull’ecodesign, spiega la nota, dovrà “aumentare la domanda di tessuti riciclati, espandere la capacità di riciclo e promuovere l’uso di materiali sostenibili”. Anche introducendo nuovi obblighi di contenuto minimo di materia riciclata, con quote crescenti per tutti i prodotti tessili immessi sul mercato dell’Ue. “Senza azioni urgenti – si legge – l’Europa rischia di compromettere i suoi obiettivi climatici e di mettere a repentaglio il futuro dell’industria della selezione e del riciclo dei tessili”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *