Stando all’ultimo report della Commissione europea in materia, alla fine del 2016 ammontava a poco meno di 3 milioni e mezzo di metri cubi l’inventario dei rifiuti radioattivi presenti sul territorio dell’Ue, il 90% dei quali rappresentato da scorie a bassa e bassissima attività. Il costo della loro gestione, spiega la Commissione, si aggira tra i 422 e i 566 miliardi di euro. Ma dove vanno a finire i rifiuti radioattivi generati in Europa? Secondo la Commissione, tra strutture operative, chiuse e prossime all’entrata in funzione, si contano al momento circa 30 impianti di smaltimento in 12 Stati.
E mentre in Italia si accende la polemica sull’individuazione del sito che dovrà ospitare il primo deposito nazionale di superficie, molti Paesi possono già contare su più di un impianto. Come la Francia, dove il deposito di La Manche, riempito dopo decine di anni di attività con oltre 500mila metri cubi di scorie a bassa attività, è stato chiuso già nel 1994, mentre dal 1992 è in funzione il deposito de L’Aube, progettato per ospitare 1 milione di metri cubi di rifiuti radioattivi. Piccola nota di colore: il deposito si trova nella regione Champagne-Ardenne, una delle zone simbolo della produzione vinicola francese, sede, tra le altre, della famosa maison Moet & Chandon. In Francia, si dirà, c’è il maggior numero di reattori ancora in funzione a livello europeo, ecco perché serve più di un deposito e i cittadini non hanno alcun problema ad ospitarne nel proprio giardino. La cosa però è vera solo in parte, visto che anche la Norvegia, che di energia nucleare non ne ha mai generata, conta anche lei due strutture, così come la Finlandia. Due, uno operativo e uno in fase di realizzazione, sono anche i depositi della nostra dirimpettaia Slovenia.In Spagna, invece, il Deposito di El Cabril, in esercizio dal 1992, è stato autorizzato per ospitare 42mila metri cubi di rifiuti a bassa attività, capacità che in futuro potrebbe essere estesa.
E anche sul fronte della gestione in sicurezza delle scorie più pericolose, quelle ad alta attività rappresentate soprattutto dagli elementi di combustibile esaurito utilizzati nel ciclo elettronucleare, c’è chi ha già le idee molto chiare. La Finlandia, spiega la Commissione europea, è il primo Paese al mondo ad aver avviato la costruzione di un deposito geologico di profondità che dovrebbe entrare in funzione entro il 2024; seguirà la Svezia nel 2032 e la Francia nel 2035. E chissà che uno di questi siti non venga scelto per ospitare anche i rifiuti ad alta attività generati negli altri Paesi membri. Come l’Italia, che dopo le proteste di Scanzano Jonico del 2003, quando una mobilitazione senza precedenti stoppò sul nascere il progetto di un deposito di profondità per le scorie più pericolose, ha accantonato l’idea di uno stoccaggio geologico sul proprio territorio premendo per l’individuazione di un sito unico a livello europeo. Ma i rifiuti a media e bassa intensità, dice la legge, dobbiamo stoccarli in sicurezza in casa nostra come altri hanno dimostrato di saper fare già da parecchio tempo. Il Deposito Nazionale, insomma, non può più attendere.